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Prosegue la negoziazione per la liberalizzazione del visto per il Kosovo: un passo in avanti verso l’UE?

mmbyAnna Franzutti
Dicembre 14, 2022
in Europea Orientale e Asia Centrale
Reading Time: 7 mins read
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Prosegue la negoziazione per la liberalizzazione del visto per il Kosovo: un passo in avanti verso l’UE?

La presidenza del Consiglio dell’UE avvierà  le negoziazioni col Parlamento Europeo sulla liberalizzazione dei visti per il Kosovo. Il Consiglio ha approvato il mandato alla Presidenza dopo che gli Stati Membri dell’UE si sono accordati durante l’incontro COREPER II – Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri presso il Consiglio dell’UE – del 30 novembre. Ciò permetterebbe ai detentori del passaporto kosovaro di viaggiare senza richiedere un visto nell’area Schengen per 90 giorni ogni sei mesi. Il processo per la liberalizzazione dei visti  era iniziato il 19  febbraio 2012 con il dialogo tra Kosovo e Commissione Europea. 

La liberalizzazione del visto per il Kosovo avverrebbe non più tardi del 1° gennaio 2024, o – come suggerito dalla Francia – possibilmente in concomitanza con l’avvio dell’ETIAS (European Travel Information and Authorization System), prevista attualmente per novembre 2023. Si tratta di una misura volta a garantire maggior controllo dei confini e più sicurezza: un sistema di verifica digitale dei documenti a cui i cittadini provenienti da Paesi terzi dovranno registrarsi per poter entrare nell’area Schengen che coinvolgerà i cittadini di 63 Paesi i cui passaporti permettono attualmente l’ingresso nell’area Schengen senza la richiesta di un visto. 

All’esenzione dei visti erano state poste una serie di condizioni al Kosovo, il raggiungimento delle quali è stato monitorato dalla Commissione attraverso rapporti periodici. La lotta alla corruzione e la gestione della migrazione erano punti fondamentali, insieme al controllo dei confini, che con l’accordo con il Montenegro del 2018 ha permesso al Kosovo di soddisfare tutti i requisiti richiesti. La possibilità di concedere l’accordo di esenzione al Kosovo è riemersa in una posizione centrale durante la presidenza della Repubblica Ceca. Il Ministro degli Affari Esteri Jan Lipavský ha evidenziato gli sforzi del Kosovo per il controllo dei suoi confini, la gestione della migrazione e la sicurezza, elementi fondamentali per permettere l’esenzione dei visti. É durante la Presidenza Ceca che è stato reintrodotto il tema nell’agenda del Consiglio. La Commissione Europea aveva confermato il soddisfacimento dei requisiti richiesti già dal 2018, sei anni dopo l’inizio del processo di liberalizzazione dei visti iniziato con l’invio della proposta della Commissione al Consiglio e al Parlamento e l’apertura del dialogo sul tema con Pristina. 

L’approvazione doveva essere discussa inizialmente durante l’incontro del 23 novembre 2022, ma era stata rimandata dalla Presidenza motivando la decisione in riferimento all’andamento delle relazioni tra Kosovo e Serbia: il mancato accordo sulle targhe, di cui il primo ministro kosovaro Kurti e il presidente serbo Vučic avevano discusso in un meeting due giorni prima, e la crescita delle tensioni nelle regioni settentrionali del Kosovo avevano fatto sì che la Presidenza considerasse “non ideale mantenere quel punto all’ordine del giorno“. 

Il Kosovo è attualmente l’unico Paese dell’Europa continentale a non rientrare nel sistema di esenzione dal visto dell’UE assiema a Russia e Bielorussia, ed è l’unico tra i Paesi dei Balcani occidentali in cui cittadini devono richiedere un visto per poter entrare in UE o nell’area Schengen per turismo, ricevere cure mediche o studiare. Il raggiungimento dell’accordo porterebbe il Kosovo più vicino all’Unione Europea. Il rischio è però di trovarsi nella stessa situazione degli altri Paesi dei Balcani occidentali, compresi i quattro Paesi che hanno ottenuto lo status di “candidato ufficiale”: intrappolati in un percorso verso l’adesione all’Unione Europea costituito da tentennamenti dovuti anche alle complesse relazioni interne alla regione. 

Nel quadro delle complicate relazioni dei paesi dei Balcani occidentali, particolarmente rilevante nel caso specifico è il rapporto tra Kosovo e Serbia, che considera la regione di Priština come una provincia autonoma sotto la sua sovranità. Dopo la sua dichiarazione unilaterale del 2008, il Kosovo è stato riconosciuto da un centinaio di Paesi, tra cui la maggior parte dei  paesi UE e NATO – compresi gli Stati Uniti,  e – all’interno dei Balcani, dall’Albania. La Serbia lo considera, invece, una regione autonoma sotto la sua sovranità, posizione sostenuta anche da Russia e Cina, nonché da Spagna, Grecia, Cipro, Slovacchia e Romania. Nel 2008 l’Assemblea Generale ha chiesto un parere alla Corte di Giustizia sulla compatibilità con il diritto internazionale della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo con una risoluzione proposta dalla Serbia. Il parere, adottato a maggioranza nel 2010, dichiarava lecita la dichiarazione nel quadro del diritto internazionale, ma non equivale ad una definizione dello status del Kosovo come stato indipendente, il cui riconoscimento avviene da parte degli altri Paesi come atto politico e – nel campo del diritto internazionale – viene legato a caratteristiche di fatto indipendenti dalla valutazione esterna.

Oggi, su una popolazione di 1,8 milioni, la maggior parte degli abitanti è di etnia albanese,  ma rimangono 100mila abitanti di origine serba che costituiscono la maggioranza in alcune regioni del nord del Paese: è qui che si sono infiammate le proteste dei cittadini negli ultimi mesi, causando anche i ritardi nella progressione dell’accordo sulla liberalizzazione dei visti. Dal 1 agosto 2022 il Primo Ministro Albin Kurti aveva previsto l’entrata in vigore di una normativa volta a proibire la circolazione di autoveicoli con targhe e documenti di circolazione serbi all’interno del territorio, decisione poi rimandata varie volte a causa delle proteste della minoranza serba nel paese. Circa diecimila persone sul territorio guidano ancora veicoli con la targa serba da prima della guerra del 1998-1999 e successivamente rinnovate dalle autorità serbe.

A inizio novembre, la tensione si è riaccesa in seguito alla decisione di sanzionare con una multa di 150 euro coloro che non avrebbero sostituito la targa con una della Repubblica del Kosovo (RKS).  Sabato 5 novembre centinaia di funzionari pubblici di etnia serba si sono dimessi in massa: giudici, poliziotti, politici parlamentari, quattro sindaci di comuni a maggioranza serba e il ministro serbo del governo Goran Rakić. Si tratta delle prime dimissioni collettive dal 2013. Le decisioni del governo di Kurti – nello specifico riguardanti le targhe – sarebbero viste come una “ghettizzazione” della minoranza serba, come denunciato dai manifestanti in Mitrovica.  L’accordo, annunciato da Borrell, è stato infine raggiunto il 24 novembre scorso: la Serbia cesserà di emettere le targhe usate dalla popolazione dei comuni nel territorio serbo e non rinnoverà quelle già esistenti; il Kosovo non dovrà più imporre la reimmatricolazione per i veicoli già registrati dalle autorità serbe. È Borrell stesso ad aver proposto questo tipo di soluzione due settimane prima durante i precedenti negoziati, durante il quale l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri ha svolto un ruolo di mediatore.

Il ruolo di intermediario è stato mantenuto da Borrell anche nel più generale ambito dell’incontro ai vertici tra Unione Europea e Paesi dei Balcani occidentali, che si è svolto il 6 dicembre a Tirana, durante il quale l’Alto Rappresentante ha insistito sulla continuazione del dialogo tra Serbia e Kosovo. “Questo è un momento importante”, ha detto Borrell esortando  Priština e Belgrado ad impegnarsi al fine di stabilire la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due governi, sfruttando “il momento di grande opportunità” e il clima di dialogo derivante dall’incontro appena avvenuto. Ora, consegnata la proposta formulata col supporto di Francia e Germania, l’Alto Rappresentante chiede ai due governi di stabilire un dialogo volto a raggiungere la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, di cui l’approvazione dell’accordo sulle targhe potrebbe costituire il primo passo. 

La normalizzazione dei rapporti coi Paesi vicini – la Serbia in particolare – risulta fondamentale per l’avvicinamento del Kosovo all’Unione Europea, come dimostra l’influenza della qualità dei rapporti tra Pristina e Belgrado sull’inserimento in agenda della discussione riguardante la liberalizzazione dei visti. Il proseguimento delle negoziazioni in questa direzione mostra una volontà dei Paesi UE di integrare il Kosovo nel sistema di relazioni che l’Unione Europea ha con i Paesi vicini e l’esenzione dei visti permetterebbe ai cittadini kosovari di godere di quel sistema di libera circolazione garantito alla quasi totalità degli stati europei, compresi i suoi vicini di casa dei Balcani. 

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Tags: BalcaniCOREPERIIETIASkosovoParlamento europeo
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