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La guerra nascosta tra Ucraina e Russia si decide con lo scontro ‘illegale’ tra Battaglione Azov e Wagner Group

mmbyLorenzo Caruti
Dicembre 5, 2022
in Diritto Internazionale ed Europeo
Reading Time: 11 mins read
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La guerra nascosta tra Ucraina e Russia si decide con lo scontro ‘illegale’ tra Battaglione Azov e Wagner Group

L’invasione russa dei territori ad Est dell’Ucraina non ha ancora preso una svolta decisiva. Nel contesto internazionale, gli occhi puntati sul conflitto non sono solo quelli dell’Unione Europea: a seguire la vicenda con particolare attenzione sono anche gli Stati Uniti e la Cina.  Il presidente americano Joe Biden ha accusato Putin di essere un “criminale di guerra” e ha definito le decisioni del Cremlino “azioni barbare di un dittatore brutale che ha invaso un Paese straniero” . La Cina di Xi Jinping, il quale ha rinforzato la propria leadership ottenendo uno storico terzo mandato consecutivo, ha mantenuto invece una posizione relativamente ambigua. Da alleato strategico di Putin, a livello politico, economico ed energetico, ha timidamente condannato l’invasione russa per un’importante questione di immagine a livello globale. L’interesse di Pechino per l’evolversi del conflitto va però ben oltre l’acquisto del gas russo – rifornito attraverso i gasdotti ‘Power of Siberia’ e ‘Power of Siberia 2’: l’Ucraina rappresenta infatti il banco di prova per Taiwan, obiettivo di espansione cinese. 

Se le reazioni internazionali – in particolare da parte degli USA – contro l’invasione si dimostreranno insufficienti agli occhi della Cina, Xi potrebbe convincersi di replicare quanto fatto da Putin, questa volta nei confronti della piccola nazione insulare. La tensione tra Pechino e Taipei è in crescita costante, come dimostrano le recenti dichiarazioni con cui il Presidente Xi ha annunciato: “non rinunciamo all’uso della forza su Taiwan”. In questo modo, l’interesse degli altri Paesi si espande ben oltre il conflitto stesso: dietro le quinte, l’attenzione è sempre rivolta a quanto accade – o accadrà – nell’area del Pacifico, nuovo campo di battaglia dell’infinita lotta per conquistare il ruolo di leader globale tra Cina e Stati Uniti.

In sintesi, l’esito della guerra in Ucraina avrà una serie di ripercussioni nelle relazioni internazionali, con il rischio di causare una sorta di effetto domino tra le potenze più influenti del pianeta. La via del compromesso si fa sempre più remota, come dimostrano le numerose perdite e i pesanti sacrifici dei due Paesi: per ora, secondo quanto riporta Reuters, il bilancio dei morti conta almeno 40.295 persone e più di 15.000 dispersi, oltre ad un totale di oltre 14 milioni di profughi. I danni economici, invece, sono stimati attorno ai 350 miliardi di dollari. Significative sono anche le forze militari in campo: i dati del Dipartimento della Difesa statunitense stimavano 160.000 soldati russi presenti al confine tra Ucraina e Bielorussia al 24 febbraio, giorno dell’invasione. Attualmente, Mosca non ha rilasciato dati ufficiali in merito al numero di combattenti impiegati. In ogni caso, il Cremlino può contare anche sull’appoggio militare delle truppe cecene, conosciute come ‘Kadyrovtsy’. Gli strumenti a disposizione di Putin non finiscono però qui: sotto il comando russo, anche se non ufficialmente, è presente anche il Wagner Group. Kiev, d’altro canto, risponde schierando tra le sue fila il Reggimento Azov. 

Le nuove armi “segrete”: i fantasmi delle PMC

Secondo il diritto internazionale dei conflitti armati, che ne vieta esplicitamente l’utilizzo all’Art. 47, un mercenario è “ogni persona che sia appositamente reclutata, localmente o all’estero, per combattere in un conflitto armato. […]. Che prenda parte alle ostilità spinta dal desiderio di ottenere un profitto personale, e alla quale sia stata effettivamente promessa, da una Parte in conflitto o a suo nome, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o corrisposta ai combattenti aventi rango e funzioni militari similari nelle forze armate di detta Parte. […]. Che non sia membro delle forze armate di una Parte in conflitto. Che non sia stato inviato da uno stato non Parte nel conflitto in missione ufficiale quale membro delle forze armate di detto Stato”. Nonostante ciò, il fenomeno delle Private Military Company o PMC – in italiano “Compagnie Militari Private ” o CMP – è in costante ascesa. Si tratta di imprese private che forniscono servizi di consulenza o di natura prettamente militare nel contesto di un conflitto: permettono quindi agli Stati in guerra di ingaggiare “professionisti ” delle armi per spalleggiare e addestrare i propri soldati. 

Il successo delle PMCs è dovuto a due fattori principali: il primo riguarda la difesa dell’immagine del Paese. Gli atti compiuti dai mercenari, che possono includere stragi, stupri, violenze e depredazioni, non sono riconducibili – almeno direttamente – ad alcun governo. Le compagnie militari private spesso non esistono nemmeno sulla carta e, di fatto, non vi sono atti o accordi ufficiali con gli Stati che ne testimoniano l’utilizzo.  Il secondo fattore è legato alla natura dei combattenti: si tratta di soldati “fantasma” che, per i Paesi che decidono di ingaggiarli, non hanno famiglia né casa. I governi non si assumono dunque alcuna responsabilità verso il combattente ingaggiato: in questo modo è possibile sacrificare un numero inferiori di soldati ufficiale e, in caso di morte durante il conflitto, non ci sono cerimonie o funerali da organizzare – a differenza di quanto accade per i militari “in regola”. Infine, qualora vengano catturati, non vengono necessariamente riconosciuti come prigionieri di guerra di un dato Paese, non godendo quindi dei diritti riconosciuti ai combattenti “legittimi”.

Il caso più noto: il Wagner Group

Nato nel 2014 proprio con l’acquisizione russa della Crimea, il Wagner Group è una delle forze paramilitare più conosciute al mondo. Si tratta di una PMC guidata da Dmitry Valeryevich Utkin, ex tenente colonnello del GRU, il servizio di informazione delle forze armate russe, e finanziata da Yevgeny Prigozhin, meglio conosciuto come lo “chef di Putin”, in quanto proprietario della società di catering che si occupa degli eventi di Stato del Presidente russo. Il campo di addestramento principale, nonostante il Cremlino abbia sempre negato i rapporti con il gruppo, si troverebbe a Molkin, in una delle strutture del GRU. Lo stipendio medio dei contractor – nome con cui sono conosciuti i mercenari di questo tipo – tocca i 200 mila rubli al mese, circa 2.300 euro: il salario, poi, aumenta in base al ruolo e al grado del combattente, così come accade per gli eserciti ufficiali. 

Sebbene non si conosca il numero reale dei mercenari che compongono il gruppo, circa 5mila furono inviati in Siria nel 2017 a sostenere le forze del Presidente Bashar al Assad, mentre, secondo un’inchiesta della BBC, più di mille uomini erano presenti in Libia nel 2019. Inoltre, membri della PMC sono presenti in Africa, con il compito di proteggere le miniere nei Paesi alleati di Mosca o di contrastare le forze ribelli, ma molti di questi sono stati spostati in Ucraina nell’ultimo periodo per influenzare l’andamento della guerra. Le operazioni condotte dal Wagner Group nei territori ucraini non si limitano però alla semplice guerriglia: la PMC svolge anche false flag operation, operazioni mirate rivolte “contro” la Russia nelle zone di combattimento per alimentare i sentimenti filorussi, e sono incaricati di agire all’interno delle stesse forze separatiste. I contractor sono stati infatti responsabili anche della morte di Alexander Bednov, comandante di una milizia filorussa ritenuta pericolosa dal Cremlino stesso. La forza del gruppo non finisce qui: questo, infatti, dispone anche delle cosiddette troll armies, composte da esperti informatici che cercano di influenzare, attraverso l’utilizzo di Internet e dei social media, le elezioni in Occidente.

La carta di Kiev: il Reggimento Azov

Anche l’Ucraina può contare su forze militari non legali, dalla storia controversa: una su tutte il Reggimento Azov. Conosciuto anche come Battaglione Azov, il gruppo paramilitare è nato nel 2014, parallelamente al Wagner Group, con l’unione dei due gruppi xenofobi e neonazisti Patrioti dell’Ucraina e Assemblea Social-Nazionale (SNA). Andriy Biletsky, ex parlamentare e fondatore del Reggimento e del partito di estrema destra Corpi Nazionali, è conosciuto per le dichiarazioni shock rese nel  2010, quando affermò che la missione del Paese era quella di “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro i subumani capeggiati dai semiti”. 

Secondo due rapporti dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU (OHCHR) relativi al conflitto tra Russia e Ucraina, i componenti del gruppo si sono resi protagonisti di crimini di guerra tra cui violenze e saccheggi tra il 2015 e il 2016. Precedentemente, a distanza di sei mesi dalla sua nascita e in concomitanza con la riconquista del porto di Mariupol delle forze filorusse, il Reggimento ha ricevuto il riconoscimento ufficiale della Guardia Nazionale Ucraina. A garantire protezione all’operato di Azov è l’ex Ministro degli Interni ucraino Arsen Avakov, tra i politici più influenti del Paese e già conoscente di Biletsky prima del 2014, sospettato inoltre di finanziare il gruppo. L’ex Battaglione si è spesso contraddistinto per la dura opposizione all’amministrazione di Volodymyr Zelensky, in particolare dopo che l’attuale Presidente ucraino aveva accettato di attuare la “formula di Steinmeier” prevista dal Protocollo di Minsk, la quale prevedeva una serie di elezioni separate nei territori del Donbass. In seguito all’invasione russa, l’Azov ha alimentato le critiche nei confronti della gestione di Zelensky, riscuotendo un sostegno crescente da parte della popolazione grazie al conclamato “eroismo” con cui partecipano alla difesa delle città contro gli attacchi dei soldati del Cremlino. La dedizione nei confronti del gruppo è tanta che in Ucraina ci si affida con particolare speranza al Reggimento per la riuscita delle operazioni militari. Il senso di gratitudine e fiducia riscontrato rischia però, allo stesso tempo, di conferire sempre più potere ad un gruppo armato estremista e pericoloso come l’Azov.

Tra PMCs e forze paramilitari: la nuova guerra che avanza

Se la guerra è già di per sé brutale e scorretta, il perpetrarsi di pratiche vietate dal diritto bellico e dal diritto internazionale porta il rischio di normalizzare l’uso, quantunque illegale, di  pratiche e strumenti proibiti. Il mercato delle PMCs parla chiaro: già nel 2003 si stimava che la privatizzazione della guerra e il giro d’affari delle milizie private fruttasse intorno ai 100 miliardi di dollari l’anno. I combattimenti lontani dagli occhi dei media, non ufficiali e senza riconoscimento, rappresentano uno strumento talmente favorevole per gli Stati, i quali possono agire indirettamente e ‘silenziosamente’, e per le stesse forze paramilitari – come dimostrano i ricavi e i vantaggi ottenuti dalle stesse – che appare difficile contrastare questo fenomeno. 

Il diritto internazionale ha dunque l’obbligo di aggiornarsi ed entrare nello specifico di un tema su cui non si è fatta ancora abbastanza chiarezza: è lampante che non si tratti più di proibire semplicemente l’ingaggio di mercenari – divieto che si è dimostrato inefficiente -, ma di imporre dei limiti ad un mercato senza controllo e di creare una figura o un organo ad hoc in grado di rendere effettiva l’applicazione di tali leggi. L’alternativa è quella della nascita – o, più precisamente, dell’affermazione – di un nuovo tipo di guerra, dove i diritti umani e il diritto bellico non sono altro che uno sbiadito ricordo, sostituiti dal principio della violenza potenzialmente illimitata e dalla mancanza di scrupoli, in favore dei meri interessi politico-economici.   

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