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Transnistria: è davvero possibile un coinvolgimento con la guerra in Ucraina?

mmbyAnna Franzutti
Maggio 16, 2022
in Europea Orientale e Asia Centrale
Reading Time: 7 mins read
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Transnistria: è davvero possibile un coinvolgimento con la guerra in Ucraina?

Nell’ultima settimana di aprile una serie di esplosioni hanno coinvolto delle strutture in Transnistria. I fatti recenti hanno destato preoccupazione riguardo ad una possibile estensione della guerra in Ucraina. Un possibile coinvolgimento attivo della autoproclamata Repubblica Moldava di Pridnestrovie sembra improbabile considerando il contesto attuale, ma la situazione demografica e politica dell’area rende ogni episodio di instabilità allarmante per i governi locali e gli osservatori internazionali.

La Transnistria è una regione sulla riva sinistra del Nistro (Dnestr) che nel 1990 ha dichiarato l’indipendenza dalla Moldavia, con il nome di Repubblica moldava di Pridnestrovie. Una breve guerra tra i separatisti – il cui obiettivo iniziale era di rimanere parte dell’Unione Sovietica –  e le forze a favore della Moldavia si è conclusa con il cessate il fuoco nel 1992, senza la firma di un trattato di pace. La scissione è avvenuta in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica, della quale l’architettura e i simboli riecheggiano nel paesaggio, nei monumenti e nelle facciate. La bandiera – a bande orizzontali verde e rossa – è l’ultima al mondo che presenta il simbolo della falce e martello. La Transnistria costituisce una regione de facto indipendente, dotata di un governo autonomo, di una moneta e di propri servizi di sicurezza e riconosciuta, a partire dal 1992, soltanto da Ossezia del Sud, Abkhazia e Artsakh. Inoltre, la Moldavia non le ha mai riconosciuto tale status, così come nessun membro delle Nazioni Unite, inclusa la Russia. 

Sotto questo punto di vista, è importante evidenziare che, dei circa 470 mila abitanti della striscia di terra tra Moldavia e Ucraina, la maggior parte si identifica come russo e che dal 2002 il Cremlino rilascia passaporti ai residenti, perlopiù russofoni. Oltre all’esercito della regione – la cui portata si stima essere tra i 7000 e 15.000 soldati – 1500 soldati russi sono stanziati sul territorio in qualità di forze di peacekeeping, affiancati dal Gruppo Operativo delle Truppe Russe (OGRF), task force militare che non ha uno status legale e di cui la Moldavia chiede il ritiro in base ad un accordo del 1999.

A inizio marzo 2022 il Consiglio d’Europa ha definito la regione “territorio occupato”. Nello stesso mese la Moldavia – con la Prima Ministra Maia Sandu – ha presentato domanda per l’adesione all’Unione Europea. La presenza di soldati russi e il mancato controllo sulla regione della Transnistria sono caratteristiche che potrebbero potenzialmente incrinare la stabilità delle istituzioni, fondamentale per entrare a far parte dell’organizzazione.

La Transnistria condivide 400 chilometri di frontiera con l’Ucraina e si trova a soli 100 chilometri da Odessa, la città portuale da cui passa il petrolio – anche russo – e che è il centro del commercio del mar Nero, motivo per cui è di interesse strategico per la Russia. La sua posizione geografica la rende un potenziale punto di partenza per attaccare l’Ucraina dal fronte occidentale, provocando un’estensione del conflitto e coinvolgendo direttamente la Moldavia: da qui la preoccupazione per un’ulteriore espansione del conflitto nella regione. Il 22 aprile, durante un incontro, Rustam Minnekayev – vice comandante del distretto militare centrale russo – si è riferito alle mire strategiche del governo nel sud dell’Ucraina: la conquista del Donbass permetterebbe di creare un ponte di terra dall’area orientale, passando per la Crimea, fino alla Transnistria, all’interno della quale ci sarebbero “prove che la popolazione di lingua russa è oppressa”.  La difesa della minoranza russofona presente in Ucraina è una delle motivazioni date dal Cremlino per l’attacco all’Ucraina. Al momento sembra, però, difficile lo sfruttamento effettivo dei soldati russi presenti nella repubblica separatista: il numero di soldati ivi stanziati non è elevato e il trasferimento dalla Russia di maggiori forze armate e equipaggiamento non è agevole. Gli aerei, per ottenere rifornimenti, dovrebbero passare nello spazio aereo ucraino, con un rischio troppo elevato di subire attacchi; Natasha Kuhrt, docente di pace e sicurezza internazionale presso il King’s College di Londra, si è espressa in proposito: “le loro truppe non possono essere rinforzare o rifornite, è quindi difficile che possano lanciare un’offensiva”.

Il 25 aprile un lanciarazzi ha sparato contro gli edifici governativi dei servizi di sicurezza di Stato, nel centro dell’auto proclamata capitale Tiraspol. Martedì 26 aprile colpi di arma da fuoco si sono uditi nell’aeroporto della città e hanno danneggiato due antenne trasmittenti frequenze radio russe nella città di Maiac, nei pressi del confine con l’Ucraina. Alcuni spari sono stati segnalati anche a Cobasna, non lontana dal confine ucraino, che ospita il più grande deposito di munizioni nell’est Europa russo (20.000 tonnellate). In nessun caso riportato sono stati segnalati feriti.

Nei giorni seguenti si è svolto il primo incontro tra i vertici di Moldavia e Transnistria: il leader della seconda –  Krasnoselsky – e le autorità moldave Serebrian – Primo Ministro – e Recean – Segretario del Consiglio di Sicurezza Supremo – hanno discusso in materia di sicurezza. La responsabilità non è stata ancora individuata e i vari attori in gioco si accusano vicendevolmente: la Russia ha qualificato tali eventi come atti terroristici; la Presidente moldava Maia Sandu ha parlato di attacchi tra fazioni interne e il ministro degli esteri moldavo ha definito gli attacchi dei pretesti per rafforzare la sicurezza nella regione. Tiraspol accusa Kiev e l’Ucraina sospetta una mossa russa di false flag per tentare di destabilizzare la regione. 

Una serie di misure di sicurezza sono state intraprese da Tiraspol in seguito ai disordini: sono aumentati i controlli al confine e all’ingresso delle città ed è stata annullata la parata a cui tradizionalmente si assiste lungo le vie della capitale Tiraspol il 9 maggio. In questa data, negli ex paesi sovietici si celebra, fin dal 1995, la vittoria sulla Germania nazista durante la Seconda Guerra mondiale. La celebrazione in memoria dei soldati caduti ha col tempo nelle diverse ex repubbliche assunto significati differenti nelle diverse ex repubbliche. In Russia, ad esempio, è diventata un’occasione per mostrare la propria forza militare, caratterizzata da parate militari, un’esaltazione dell’identità russa e della forza dell’esercito, così come il presidente Putin l’ha voluta fin dai primi anni del suo governo. 

Quest’anno, in Moldavia e Transnistria il 9 maggio è stato preceduto dalla preoccupazione che le celebrazioni si potessero trasformare in un teatro di scontri o violenze che però non si sono verificati. Al momento, gli episodi di violenza – non rivendicati da nessuno – non hanno portato ad un’escalation militare, ma la tensione e il contesto regionale, i legami demografici ed economici con la Russia e la vicina guerra rendono questa lingua di terra dove etnie, trascorsi storici e interessi politici convivono, valevole di essere monitorata.

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Tags: guerra russo ucrainaMaia SandumoldaviarussiagatetransnistriaUnione Europea
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