Il prossimo 2 ottobre si terranno in Brasile le nuove elezioni presidenziali. I due candidati principali sono Jair Bolsonaro, presidente uscente che concluderà il suo mandato a gennaio 2023, e Luiz Inàcio Lula da Silva, già Capo di Stato dal 2003 al 2010 e leader della sinistra brasiliana. Secondo i più recenti sondaggi Lula è in netto vantaggio rispetto ai suoi avversari grazie anche alla caduta delle accuse rivolte che gli sono state imputate.
L’ex presidente Lula è stato indagato nel 2016 all’interno dell’operazione Lava Jato (operazione autolavaggio): una monumentale indagine che ha scoperchiato uno scandalo di corruzione tra Petrobrás, società petrolifera di proprietà dello Stato, diverse società di ingegneria civile e numerosi politici brasiliani. Nel corso dell’inchiesta, l’ex giudice Sergio Moro aveva approvato la richiesta, avanzata dal procuratore, di intercettare i telefoni di Lula, della sua famiglia e del suo avvocato. In seguito, Moro ha autorizzato il mandato condução coercitiva (ovvero un indiziato viene interrogato dai magistrati anche se non vuole) e in base al quale Lula è stato interrogato dalla Policia Federal. L’inchiesta ha portato alla condanna di Lula a 9 anni di reclusione nel luglio 2017, ma nel gennaio 2018 il Tribunale regionale federale di Porto Alegre ha esteso la pena a 12 anni. Nonostante gli appelli di Lula, che rimangono in attesa, l’ex presidente ha iniziato a scontare la sua pena dell’aprile 2018.
Inizialmente, questa situazione aveva rovinato i piani di Lula per presentarsi nuovamente alle elezioni presidenziali del Brasile. Infatti, la Corte elettorale superiore aveva respinto la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 2018, vinte da Bolsonaro, poiché la legge della ‘ficha limpa’ (approvata dallo stesso Lula nel 2010) impedisce a chi è stato condannato anche solo in primo grado di candidarsi a cariche pubbliche. La Corte Federale Suprema brasiliana ha annullato la sentenza di condanna di Lula nel luglio del 2021 dichiarando che l’ex giudice e ministro della Giustizia Moro non era competente a giudicare il caso. Inoltre, la stessa condanna dell’ex Sergio Moro è stata ritenuta imparziale poiché, a meno di un anno dalla condanna emessa contro Lula, ha accettato di diventare ministro della giustizia di Jair Bolsonaro.

Il Comitato per i diritti umani della Nazioni Unite ha ritenuto che il mandato di comparizione emesso contro Lula abbia violato il suo diritto alla libertà personale e che la divulgazione delle intercettazioni abbia violato il diritto alla privacy. L’intercettazione in questione rivela l’aiuto fornito da Dilma Rousseff, al momento dei fatti presidente del Brasile (dal 2011 al 2016) e membro del partito dei lavoratori, a Lula. Nello specifico, nelle breve conversazione avvenuta tra i due la Rousseff avvisa Lula dell’invio del decreto di nomina ministeriale che avrebbe dovuto utilizzare solo in caso di necessità. Infatti, secondo la legge brasiliana, la nomina a ministro fornisce l’immunità che sarebbe stata necessaria a Lula per non essere arrestato per lo scandalo Petrobas. Tuttavia, la sua nomina a ministro della Cassa Civile suscitò grandi proteste in Brasile non solo nelle strade ma anche nel parlamento dove il partito repubblicano si sfilò dalla maggioranza chiedendo le dimissioni della presidente Rousseff. La nomina di Lula a ministro costituì per Moro la prova che questa era stata fatta per ostacolare la giustizia quindi rese pubblico il testo dell’intercettazione telefonica violando i diritti di Lula. Sulla base di queste violazioni procedurali, il Comitato ha esortato il Brasile a garantire che qualsiasi ulteriore procedimento penale contro Lula rispetti le garanzie del giusto processo e a prevenire simili violazioni in futuro.
I recenti sviluppi resi noti dal Comitato dei diritti umani hanno dato l’opportunità a Lula di guadagnare ulteriore consenso, che gli ha permesso di ottenere una posizione di netto vantaggio rispetto al suo principale rivale nella corsa alle presidenziali, l’attuale presidente Jair Bolsonaro. Infatti, nell’ultimo sondaggio le distanze tra Lula e il leader dell’ultradestra brasiliana si sono assottigliate portandoli rispettivamente al 45% e al 31% dei consensi, come riportato dall’agenzia Ipespe. Lula ha formalizzato la sua candidatura il 7 maggio sottolineando nel suo discorso la necessità di riconquistare la sovranità brasiliana lentamente persa durante il mandato di Bolsonaro e criticando le sue politiche. Inoltre, Lula punta alla difesa delle risorse minerarie, forestali, marittime e la biodiversità con particolare attenzione alla questione della deforestazione dell’Amazzonia che era stata ridotta dell’80% durante il suo precedente mandato alla Presidenza.
Alle spalle dei due concorrenti troviamo Ciro Gomes, candidato del partito democratico laburista ed ex candidato alle presidenziali, con il 5% dei consensi e Joao Doria governatore di San Paolo. Fino a qualche settimana fa, poco prima del ritiro dalla corsa alla presidenza, potevamo trovare la cosiddetta ‘terza via’ rappresentata dal progetto União Brasil che si poneva ideologicamente nel mezzo tra Bolsonaro e Lula e vedeva militare tra le sue fila l’ex giudice e ministro della Giustizia, Sergio Moro (inizialmente schierato con il partito Podemos). Prima di lasciare questa forza politica, secondo i sondaggi pubblicati da Datafolha, Moro godeva di appena l’8% dei consensi.
Le cause del crollo tra i sostenitori di Bolsonaro sono riconducibili alla gestione negligente della pandemia e alle manovre economiche poco efficaci grazie alle quali ha perso consensi nei ceti medio-bassi poiché l’inflazione nel 2021 si è attestata intorno al 10%. Infatti, stando alle stime riportate dalla Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), la crescita del paese si attesterebbe intorno allo 0,5% ben lontano dalle stime ipotizzate del 2,2% ad agosto 2021. Secondo l’outlook economico pubblicato dall’Ocse (l’organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo) mostra un’espansione economica per il Brasile pari all’1,4%. La proiezione illustra una situazione economica brasiliana sottotono soprattutto se comparata ad altri paesi dell’America Latina come la Colombia e il Costa Rica dove l’Ocse stima una crescita rispettiva del 5,5% e del 3,9%.

Nonostante l’andamento della pandemia abbia segnato profondamente il Brasile, le elezioni non si concentreranno su questo tema ma sull’andamento dell’economia del paese, aggravata dagli effetti della guerra in Ucraina. Nel corso della presidenza, Bolsonaro ha cercato di arginare il problema attraverso l’auxilio Brasil (programma di assistenza sociale) destinato ad un quarto della popolazione brasiliana tentando di modificare e di appropriarsi di vecchie misure sociali di Lula. La disoccupazione è scesa all‘11,2% a febbraio toccando il livello più basso per il mese dal 2016 e il settore agricolo è in piena espansione sostenuto anche dalla grande domanda cinese di materie prime (tra cui soia, grano e carne) e minerali. Infatti, Pechino è sempre più coinvolta nell’economia brasiliana non solo come acquirente di materie prime ma anche in qualità di investitore in diversi settori strategici e per questa ragione il volume complessivo degli scambi commerciali tra i due paesi nel 2021 è stato di circa 135 miliardi di dollari. Tutto ciò potrebbe giocare a favore della campagna di Bolsonaro che, considerata la sua posizione conservatrice, sta ritraendo il partito dei lavoratori (guidato da Lula) come una sinistra golpista che spera di trasformare il Brasile in una nuova Cuba. Inoltre, potrebbe puntare nuovamente su una massiccia campagna di disinformazione online che ha assicurato il successo alle presidenziali del 2018.
L’esito delle elezioni di ottobre sarà cruciale per il Brasile. L’elettorato, composto da circa 148 milioni di aventi diritto al voto, sarà chiamato ad eleggere il presidente, il vicepresidente, i 513 seggi della Camera dei deputati e 27 degli 81 posti del Senato, mentre una parte degli elettori sarà chiamata anche alle urne per l’elezione del governatore e del vice governatore dei 26 stati e del distretto federale di Brasilia. Occorrerà attendere ancora qualche mese per vedere se la popolazione brasiliana darà un’impostazione politica completamente nuova o rinnoverà quella attuale.
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