Negli ultimi giorni, è diventata virale la notizia di uno studente nordcoreano condannato a morte per aver contrabbandato gli episodi della serie Netflix sudcoreana Squid Game, incentrata su un gruppo di persone che partecipa ad una competizione dall’esito potenzialmente mortale in cambio di un cospicuo montepremi in denaro. Il ragazzo avrebbe venduto la serie tv anche ai compagni di scuola che sarebbero stati anch’essi condannati, chi all’ergastolo, chi ai lavori forzati, mentre gli insegnanti della scuola sarebbero stati licenziati o esiliati.
La notizia è stata diffusa da Radio Free Asia, un’agenzia di informazione indipendente con sede a Washington, che si pone come obiettivo primario la diffusione delle notizie messe a tacere dai regimi dittatoriali asiatici, compresa la Corea del Nord.
Secondo quanto riferito da RFA, Squid Game sarebbe stata contrabbandata su chiavette USB e fatta entrare dalla Cina in Corea del Nord illegalmente. Secondo una fonte delle forze dell’ordine della provincia di North Hamgyong, lo studente delle scuole superiori avrebbe acquistato un’unità flash USB contenente la serie e l’avrebbe guardata di nascosto con alcuni amici. In seguito a una soffiata, gli studenti sarebbero stati sorpresi e catturati dagli osservatori speciali del governo. Uno degli studenti arrestati sarebbe sfuggito alla condanna pagando una tangente di 3.000 dollari americani, sempre secondo quanto sostenuto da RFA.
La stessa emittente pochi giorni prima aveva evidenziato come questa serie di successo fosse riuscita a oltrepassare il blindatissimo sistema di sicurezza di Pyongyang nonostante i continui tentativi delle autorità nordcoreane di isolare e preservare il Paese da qualsiasi opera culturale straniera. In Corea del Nord nel dicembre 2020 è stata adottata una legge sull'”eliminazione del pensiero e della cultura reazionaria” che vieta l’ingresso e la diffusione di materiale culturale nel Paese. Dalla sua entrata in vigore, si tratta della prima volta che la legge viene applicata ad un caso che coinvolge soggetti minorenni. L’atto mira a prevenire e contrastare la diffusione di media soprattutto da due nazioni: Corea del Sud e Stati Uniti, punendo i trasgressori con punizioni di vario genere ed intensità, dai lavori forzati alla morte.
In realtà, soprattutto tra gli esperti di cultura e ordinamento giuridico della Corea del Nord, c’è chi sostiene si tratti di una fake news.

In primo luogo dal momento che non sarebbe la prima volta che i nordcoreani si interessano e commentano gli eventi della Corea del Sud. Ad esempio, alcuni giorni fa il canale ufficiale del regime della Corea del nord ha pubblicato un articolo di Arirang Meari, secondo cui il regime di Kim Jong vede “Squid Game” come un documentario, in quanto esemplificherebbe perfettamente la “triste realtà della bestiale società sudcoreana in cui l’umanità è spinta in una competizione estrema e l’umanità viene spazzata via”.
Per il regime nordcoreano, in altre parole “Squid Game” sarebbe quindi il simbolo del fallimento della società sud-coreana ed espressione della miseria globale del capitalismo, quindi assolutamente funzionale alla propria propaganda.
Alcuni giornalisti hanno messo in dubbio la veridicità dei fatti facendo riferimento a diverse motivazioni. I dubbi principali derivano dall’affidabilità e imparzialità della fonte, Radio Free Asia, un’emittente sovvenzionata dalla U.S. Agency for Global Media, agenzia governativa degli Stati Uniti. Nonostante RFA si sia dotata di rigide regole volte a tutelarsi dall’interferenza dei funzionari del governo nei suoi report, Radio Free Asia è stata frequentemente associata ad agenzie di spionaggio civile come la CIA, arrivando ad essere definita come “un’arma di propaganda statunitense”.
Altre posizioni e argomentazioni si sono concentrate sul rigidissimo protocollo sanitario presente in Corea del Nord, soprattutto in seguito alla diffusione della malattia Covid-19. Da gennaio 2020 il presidente Kim Jong-un ha chiuso le frontiere, rendendo ancora più difficile oltrepassare il confine che divide il Paese dalla Cina e ha proibito qualsiasi importazione con la giustificazione di impedire la diffusione del coronavirus. In tutto il territorio nordcoreano è presente soltanto un porto attivo per le merci ed è quello di Namp’o, 50 chilometri a sud-ovest della capitale Pyongyang e per chi arriva dall’estero è necessario osservare una quarantena lunghissima.

Si tratta di fattori che contribuiscono a rendere molto difficile, se non impossibile, far pervenire in Corea del Nord qualsiasi prodotto culturale, soprattutto in un arco di tempo molto ridotto. A questo proposito, è necessario fornire qualche riferimento temporale: Squid Game è uscita su Netflix il 17 settembre scorso quindi la duplicazione degli episodi in Cina, un altro Paese dove peraltro Netflix non è presente, l’arrivo e la diffusione in Corea del Nord, sarebbe stato troppo veloce e non rientrerebbe nelle tempistiche riportate da RFA.
Infine, Ishimaro Jiro, fondatore di Asia Press Rimjinganga a NK News, ha sostenuto che “ci sia meno dell’1% di probabilità che sia stato possibile contrabbandarlo su una scheda SD o una chiave USB.” e “nella improbabile ipotesi che ce l’abbia fatta, ci sono veramente poche possibilità che sia riuscito a superare Nampo e portarlo all’interno del paese”.
Negli ultimi dieci anni, soprattutto con l’affermazione dei social, sono state diffuse moltissime notizie false sul regime di Pyongyang, a cui i principali media italiani hanno puntualmente dato grande risalto. Oltre a Squid Game, si potrebbero citare le “fonti attendibili interne al paese” che sostenevano con assoluta certezza la morte di Kim Jong-un, poi rivelatesi assolutamente prive di fondamento.
Il problema è poi amplificato dal fatto che la notizia non verificata o confermata, in quanto non basata su fonti certe, una volta smentita non viene riportata con la stessa visibilità e risonanza mediatica di quando è stata presentata. Il risultato è la crescente distorsione della percezione dell’opinione pubblica nei confronti della figura del dittatore nordcoreano e della nazione in generale, ma anche la crescita delle tensioni sociali e diplomatiche che riflettono uno scontro ideologico tra ordinamenti democratici e autocratici.
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