AstraZeneca è stato senza dubbio il vaccino contro il Covid-19, che ha suscitato più discussioni a livello globale. Tuttavia, dallo scorso agosto, sembra essere sparito dal mercato dei vaccini nell’Unione Europea.
Numerose sono le ragioni. Il motivo principale è sicuramente l’accertamento di numerosi effetti collaterali per alcune fasce di età. All’inizio, l’Italia lo aveva sconsigliato per gli over 55 a causa dei pochi casi studiati nella sperimentazione in quella fascia d’età. In seguito, il vaccino AstraZeneca è stato escluso per i giovani a causa dell’allarme trombosi, per essere poi consigliato soltanto agli over 60.
Inutile dire che la gestione confusa delle somministrazioni abbia così contribuito a radicalizzare il timore verso il vaccino che, nei mesi, è stato sempre meno richiesto dalle Regioni per ritrovarsi infine pressoché inutilizzato. Di conseguenza, questo calo di somministrazioni ha posto a sua volta il problema di come gestire le quantità rimaste in eccesso, con il rischio di creare un gigantesco spreco a livello nazionale e internazionale.
Le soluzioni possibili per il sistema sanitario regionale o nazionale rimangono essenzialmente quattro: utilizzare le dosi in eccesso prima della data di scadenza, conservarle fino alla scadenza per poi buttarle, donarle a Paesi disposti ad inocularle, oppure prolungare la scadenza dei vaccini (appena 6 mesi per Astrazeneca), così da guadagnare tempo per le operazioni logistiche di ridistribuzione.
Molti Paesi dell’Unione Europea hanno deciso di perseguire la terza opzione, ovvero di donare le dosi non utilizzate a Paesi disposti ad utilizzarle, in genere più poveri. Sulla base di questa stessa decisione, ad agosto, l’Italia ha quindi inviato alla Tunisia 1,4 milioni di dosi AstraZeneca. Oltre a ciò, il Governo italiano si è prefissato di donare 45 milioni di dosi di vaccino anti-Covid ai Paesi africani entro la fine del 2021. In particolare, questo obiettivo fa seguito all’adesione al programma internazionale Covax Facility, sostenuto dall’ONU, che dovrebbe assicurare una copertura vaccinale minima nei 92 paesi più poveri del Pianeta attraverso finanziamenti da Governi e grandi donatori.

Nonostante i tentativi, dettati tanto dalla necessità quanto dalla solidarietà, portati avanti da numerosi Paesi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità molte delle dosi che giungono nel continente africano finiscono comunque per essere gettate. La ragione principale di questo apparentemente inevitabile spreco è innanzitutto dovuta al ritardo eccessivo della spedizione da parte dei paesi donatori, nonché ai tempi lunghi che l’intera procedura di spedizione richiede. In proposito è intervenuto Richard Mihigo, coordinatore dell’immunizzazione e dello sviluppo dei vaccini per il braccio africano dell’OMS, che il 15 luglio ha denunciato la distruzione di 450 mila dosi di vaccini scadute in 9 Paesi del continente, in gran parte Astrazeneca. Secondo Mihigo, infatti, “La maggior parte dei vaccini in arrivo ha una data di scadenza molto breve”, problema che risulta inevitabilmente nella scadenza delle dosi che finiscono così per essere gettate.
Tra i Paesi in questione, risulta anche il Malawi, che, ad aprile, aveva annunciato la distruzione di oltre 16 mila vaccini contro il Covid-19, perché oramai scaduti. I lotti in questione erano parte delle 102 mila dosi inviate dall’Unione Africana a marzo, come dichiarato dal Ministro della salute, Charles Mwansambo.
Il tema del ritardo delle spedizioni ha accelerato l’inasprirsi delle disuguaglianze tra i Paesi del mondo: il Regno Unito, lo scorso ottobre, è stato accusato di essere in ritardo nell’invio di vaccini Covid in eccesso ai paesi più poveri. Delle 30 milioni di dosi che aveva dichiarato di voler condividere, ne avrebbe inviate solo un terzo. Accuse alle quali il premier Boris Johnson ha risposto sostenendo che le persone vaccinate finora nei Paesi più poveri dovrebbero essere riconoscenti al governo inglese, che ha stipulato un accordo con gli scienziati di AstraZeneca per distribuirlo a prezzo fisso.
I ritardi e i problemi legati alla scadenza, non sono le sole problematiche rilevanti. Alcuni medici segnalano anche le criticità dovute a una scorretta o parziale informazione in merito alle inoculazioni del vaccino: come in Europa, anche nei Paesi Africani bisognerebbe controllare che le dosi di AstraZeneca siano somministrate solo alla popolazione over 60 e che i medici siano formati a gestire eventuali casi di effetti collaterali.

Il risultato della combinazione di questi fattori è, così, un Continente estremamente a rilento con la copertura vaccinale: a oggi, in Africa sono state somministrate solo il 2,8% di dosi sul totale mondiale e solo il 5,6% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Una condizione certamente destinata a non migliorare se le dosi donate finiscono per non essere utilizzate.
Un problema che non riguarda solo il Continente, ma che ha echi in tutto il mondo: “se l’Africa rimane indietro sul fronte dei vaccini, c’è il rischio che sarà più difficile controllare la trasmissione del virus, con il conseguente aumento della possibilità che si sviluppino varianti in grado di compromettere l’efficacia dei vaccini”, afferma Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa-Italia.
Di fronte, alla quinta ondata di Covid-19 in numerosi paesi d’Europa, la soluzione di questa apparentemente insolubile sfida sembra passare per l’Africa.
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