Negli ultimi sei anni il rapporto tra Bruxelles e Varsavia si è inasprito. Alla base delle tensioni ci sono principalmente le riforme giudiziarie attuate dal governo nazionalista conservatore di quest’ultima che non sono in linea con i principi europei. Ora, l’approvazione del Recovery Fund polacco, sta diventando una questione sempre più controversa. La Commissione, a causa delle preoccupazioni sull’integrità dello stato di diritto polacco, è restia ad approvare i finanziamenti per il piano di risanamento. Tali somme ammonterebbero a 24 miliardi di euro in sovvenzioni UE e altri 12 miliardi di euro in prestiti nell’ambito di stimoli post pandemia Covid-19.
La revisione giudiziaria che frena l’approvazione del piano è stata attuata dal partito polacco euroscettico di destra, Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS), e capeggiato da Jarosław Kaczyński. Dal 2015, ovvero da quando è alla guida del governo, ha indetto riforme in ambito giudiziario che minano l’inamovibilità, l’imparzialità e l’indipendenza della magistratura.
Queste ultime due caratteristiche sono messe in dubbio dalla progressiva politicizzazione della procura nazionale della Repubblica che è passata interamente sotto il controllo del ministro della Giustizia. Per quanto riguarda i tribunali regionali e d’appello, l’esecutivo può nominare 15 dei 25 giudici della Corte. Tale misura danneggia inoltre il principio di separazione dei poteri.
Rispetto all’inamovibilità, nonostante poi il governo abbia fatto marcia indietro dopo la sentenza C-619/18 dell’UE, più di un terzo dei giudici che componevano la Corte Suprema sono stati soggetti a una dimissione anticipata causata dalla diminuzione dell’età pensionabile da 70 a 65 anni.
Successivamente, il Consiglio nazionale della magistratura, viene costituito su base politica. E’ stata inoltre istituita un’apposita Camera Disciplinare della Corte Suprema che vigila sulle azioni dei magistrati che è in grado di sospenderne l’immunità. I membri della Camera, nominati indirettamente dal Parlamento, hanno voce rilevante nelle revoche di magistrati e pubblici ministeri, possono intervenire nelle indagini, trasferire i casi da una procura a un’altra e questo danneggia anche le decisioni di rinvio alla Corte di Giustizia europea.
In seguito a queste riforme nel marzo 2018 il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione europea di attivare l’articolo 7 del Trattato UE. Secondo tale articolo, quando sussiste un rischio evidente di grave violazione dei valori su cui si fonda l’UE, il Consiglio può, previo ascolto delle autorità nazionali in questione, stabilire sanzioni pecuniarie o addirittura sospendere alcuni diritti allo Stato membro che rifiuta di adeguarsi. Questo è ciò che accade quando la presunta violazione è accertata.

L’8 aprile 2020 la Corte di Lussemburgo ha ribadito la necessità di sospendere la Camera Disciplinare e revocare le leggi che danneggiavano i diritti della magistratura. In risposta, il Tribunale costituzionale polacco, con sentenza del 14 luglio 2021, ha stabilito il carattere ultra vires dell’ordinanza UE che di conseguenza può essere disapplicata dalla Polonia. Ciò rappresenta una violazione del primato UE su quello nazionale. Infatti, il 15 luglio la Corte di Giustizia, con sentenza C-791/19, ha condannato la Polonia per mancato rispetto degli art. 19 TUE e 267 TFUE, ovvero per mancato rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.
Con un ultimatum la Commissione Europea ha concesso alla Polonia tempo fino al 16 agosto per conformarsi alla sentenza e sospendere la camera disciplinare.
Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), mediante la sentenza Reczkowicz c. Polonia, ha stabilito che questo stato ha violato l’articolo 6 CEDU, perché la mancanza dei requisiti di imparzialità e indipendenza rendono la Sezione Disciplinare un tribunale non ‘costituito per legge’ . Si contano circa 38 ricorsi presentati contro Varsavia da questo organo tra il 2018 e il 2021, rispetto la riorganizzazione del suo sistema giudiziario.
Tuttavia ancora oggi la Polonia, nonostante in certi momenti sembrava fosse propensa a cambiare direzione, evita di conformarsi.
Questo è diventato un problema sempre più difficile da ignorare, soprattutto perché la Commissione ha proposto di considerare il rispetto dello stato di diritto un requisito fondamentale per l’erogazione di fondi strutturali per il periodo 2021-2027 da parte dell’UE. Proprio a questo budget è collegato il Recovery Fund.
La Polonia, seguita dall’Ungheria, non approvando il vincolo proposto dalla Commissione, ha posto il veto all’approvazione di questo bilancio pluriennale. Il blocco dell’erogazione delle risorse però potrebbe essere deleterio per la Polonia stessa in quanto attualmente beneficia ampiamente dei fondi europei.
Nel tentativo di sbloccare la situazione il ministro delle finanze polacco Tadeusz Koscinski sostiene che le questioni giudiziarie dovrebbero essere ‘disaccoppiate’ dai finanziamenti per ripresa dalla pandemia. Questa proposta non suscita reazioni positive nella controparte europea, infatti il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni ha sottolineato, che il “primato del diritto dell’UE era una questione importante” e gli stati “devono dimostrare che stanno andando in una buona direzione”. Ciò comporta il rispetto e l’adeguazione alla normativa europea nonché una sufficiente trasparenza e indipendenza degli organi giudiziari.

La presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen ribadisce che “I sistemi giudiziari in tutta l’Unione europea devono essere indipendenti ed equi. I diritti dei cittadini dell’UE devono essere garantiti allo stesso modo, ovunque vivano nell’Unione europea”.
I piani nazionali di ripresa contengono raccomandazioni specifiche per paese al fine da rendere l’UE uno spazio coeso ed omogeneo e per questo è necessario che i vari stati li rispettino.
I cambiamenti apportati dal Pis portano la Polonia verso ulteriori sanzioni e la allontanano dalla possibilità di ricevere i fondi che necessita per risanare la propria economia. L’avvio di un’ulteriore procedura di infrazione lederebbe ancora di più i rapporti tra Bruxelles e Varsavia. Nonostante il Pis sia un partito euroscettico, le rivelazioni dell’ultimo Eurobarometro, quello relativo al periodo di luglio e agosto 2021, mostrano che i cittadini polacchi siano tra quelli più favorevoli all’UE. L’83% si sente pieno cittadino europeo e il 75% è ottimista riguardo al futuro dell’UE. L’opinione pubblica quindi sarebbe contraria ad un’estrema, ipotetica Polexit.
Le decisioni che verranno prese dal governo polacco nei prossimi mesi saranno cruciali per determinare gli sviluppi della situazione e il destino dei 36 miliardi previsti per la Polonia dal Recovery Fund.
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