L’ultimo annuncio del Governo della Sierra Leone, poche settimane fa, ha testimoniato ancora una volta il crescente ed incessante interesse della Cina e delle sue aziende nei confronti del continente africano. Secondo un articolo del quotidiano britannico “The Guardian” pubblicato il mese scorso, il Governo di Pechino ha segretamente stretto un accordo da 55 milioni di dollari con il Sierra Leone per finanziare un controverso porto su un tratto di costa incontaminato. Infatti, la nuova infrastruttura é destinata a sorgere nei pressi di un’area denominata “Whale Bay”, situata a ridosso della foresta pluviale locale, che, poiché ospita al suo interno centinaia di specie animali protette ed in via di estinzione, rappresenta un insostituibile baluardo di biodiversità.
Il 18 maggio scorso, infatti, il Presidente della Sierra Leone, Julius Maada Bio, intervenendo in merito nel corso della cerimonia di inaugurazione della quarta sessione del Parlamento Unicamerale della nazione, ha sottolineato che il progetto è parte integrante della “Belt and Road Initiative” promossa da Pechino e mira a sostenere, nel futuro prossimo, il settore della pesca locale. “Verrà effettuata la due diligence ambientale completa”, ha poi aggiunto il Capo dello Stato.

Tali mosse ben si conciliano con le ambizioni del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping di costruire una “civiltà ecologica” in patria e la sua determinazione a essere un leader globale nella crisi climatica, chiaramente espressa nel discorso al Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC) in occasione del 1°Maggio, festa dei lavoratori.
D’altra parte, l’espansione del settore della pesca della Sierra Leone, vitale per la sicurezza alimentare della nazione, nonché fonte di ricchezza grazie all’esportazione nei Paesi limitrofi, potrebbe essere una manna per il Paese, se promossa in modo responsabile. È senz’altro di questa tesi il Ministro della Pesca e delle Risorse Marine della Sierra Leone, Emma Kowa-Jalloh, che in un comunicato stampa ha affermato: “L’obiettivo è quello di centralizzare tutte le attività di pesca. Il governo della Sierra Leone ha desiderato ardentemente un porto per la pesca dall’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, ma non ha potuto realizzarlo a causa delle enormi risorse finanziarie necessarie. Con la nuova iniziativa del governo per lo sviluppo del settore della pesca, il governo cinese ha concesso una sovvenzione di 55 milioni di dollari per costruire questa infrastruttura“. La stessa ministra ha poi ricordato come il Ministero delle Finanze abbia già stanziato un pacchetto di indennizzi pari a 13,76 miliardi di Leoni (circa 1,34 milioni di Dollari) per i proprietari dei terreni costieri interessati dal nuovo sviluppo portuale.
La crescita del coinvolgimento della Cina in progetti non solo infrastrutturali, ma anche di sviluppo economico in Africa è stata ben documentato negli ultimi anni, anche se spesso, tali iniziative sono finanziate attraverso accordi di prestito, e non mediante una sovvenzione vera e propria, come nel caso del nuovo porto di Whale Bay.

In termini economici, il 2013 ha rappresentato un anno di svolta fondamentale per l’Africa: in quell’anno, infatti, la Cina superò infatti gli Stati Uniti come il più grande investitore del continente sulla base del valore dei cosiddetti investimenti diretti esteri (IDE). Inoltre, già dal 2009, la Cina è il primo partner commerciale dell’Africa, sia per le importazioni che per le esportazioni. Tra il 2013 al 2018, l’interscambio Cina-Africa è aumentato di ben undici volte, raggiungendo un valore di 185 miliardi di dollari. I flussi annuali di investimenti sono cresciuti sette volte fino ai 5,4 miliardi di dollari del 2018 e, secondo un rapporto del 2017 della McKinsey, l’Africa ospita circa 10mila aziende cinesi.
Dopo il 2017, la Cina ha continuato ad aumentare la propria capacità di investimento in Africa a scapito degli Stati Uniti, motivata dall’importanza strategica delle loro convincenti potenzialità economiche e dal promettente futuro dell’Africa come prossimo fulcro della crescita economica del mondo. Ad avvalorare ancora di più l’influenza cinese in Africa, vi è inoltre l’unica base militare all’estero ad oggi situata fuori dai confini cinesi, in Gibuti, oltre a migliaia di soldati nelle missioni Onu.
Se queste sono le premesse, è agevole pensare che la Cina abbia intenzione di espandere ulteriormente la propria sfera di influenza nel continente africano, a danno di Stati Uniti ed Europa. Inoltre, nonostante la pandemia da Covid-19 abbia scalfito la reputazione della Cina in molti paesi del mondo, così non è nel continente africano: qui, la Cina ha giocato bene le sue carte, migliorando la sua immagine. Lo dimostrano recenti sondaggi per cui ben più della metà della popolazione africana considera positiva l’influenza cinese su politica ed economia. Per Pechino, non può esserci notizia migliore.
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