In ambito economico-aziendale, nel corso degli ultimi anni il significato dell’espressione Made in Italy si è continuamente evoluto. Sino all’istituzione formale del mercato unico europeo – con il Trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993 -, il concetto identificava il semplice complesso di beni prodotti nel territorio del Belpaese. Tuttavia, il notevole aumento delle esportazioni che ha caratterizzato l’ingresso nel nuovo millennio ha conferito un rinnovato e più ampio significato alla dicitura, associandola in modo indissolubile ad alcuni settori, tra i quali l’abbigliamento di lusso e dell’alimentare di qualità.
Pur essendo cruciali per l’economia italiana, anche questi settori sono stati fortemente colpiti dalla crisi legata alla pandemia di Covid-19, e dunque chiamati a raccogliere le forze facendo leva sui propri elementi di unicità, senza dimenticare la tecnologia cui i consumatori sono sempre più devoti. A confermare il quadro negativo è recentemente intervenuta Nadia Portioli, analista del centro studi Mediobanca. Partendo dall’analisi dei bilanci delle quotate del settore, Portioli afferma che “la moda è uno dei settori più penalizzati dall’impatto del Covid-19. Basti pensare che il calo medio di fatturato registrato dalle multinazionali nel primo semestre 2020 è del 7%, mentre le aziende del settore fashion hanno perso il quadruplo: il 28% dei ricavi nello stesso periodo di tempo”. Dopo un primo trimestre di leggera flessione sotto il peso del lockdown in Cina (-15%) e poi in Italia, la crisi si è manifestata appieno nel secondo trimestre con un -41% nei ricavi del settore. “Una battuta d’arresto senza precedenti – conferma Portioli -, per il settore moda la peggiore dell’era moderna. Se guardiamo alla marginalità, la situazione appare anche peggiore: nel primo semestre 2019 il margine l’EBIT medio – espressione del risultato aziendale prima delle imposte e degli oneri finanziari – riguardante le aziende del settore era del 18%, sceso ulteriormente fino al 4% nel 2020”.
A danno delle imprese italiane esportatrici, vi è poi un altro fenomeno che perdura da lustri e non accenna a diminuire: la contraffazione dei beni italiani, che sono imitati ovunque nel mondo, dagli Stati Uniti ai paesi del Sud-Est asiatico. Una stima non troppo recente, ma tra le più autorevoli, pubblicata dall’OCSE nel 2018, sottolinea valori da capogiro per la merce italiana falsificata: “il commercio mondiale di prodotti contraffatti che violano i marchi registrati italiani ha superato i 30 miliardi di Euro (2016), pari al 3,6% delle vendite totali del settore manifatturiero italiano” tra nazionale e di esportazione.
La compravendita di marchi italiani falsificati – designati con l’espressione “Italian Sounding” – determina una diminuzione delle vendite delle aziende italiane, stimata a circa 24 miliardi di euro all’anno (il 3,2% delle vendite complessive). Peraltro, la contraffazione colpisce non solo le aziende produttrici, ma anche quelle impegnate nella distribuzione e nel commercio al dettaglio, le cui mancate vendite sono pari a circa 8 miliardi di euro ogni anno. Infatti, se si passa dai dati della produzione interna a quelli delle importazioni, circa il 4% dei prodotti che vengono acquistati dall’estero è contraffatto, per un valore che si aggira intorno ai 12 miliardi di euro, dei quali solo 3 concernono prodotti tecnologici.
Un ausilio importante per limitare i casi di contraffazione nel mondo può arrivare dall’evoluzione tecnologica. In tale senso, una soluzione conveniente, che inizia ad essere adottata capillarmente, è rappresentata dall’adozione di ologrammi adesivi personalizzati di sicurezza o da alcune etichette elettroniche NFC – near-field communication – che permettono di distinguere univocamente i prodotti originali da quelli imitati. Infatti, con strumenti quali le etichette elettroniche, è possibile corredare ogni articolo di tutte le informazioni che concernono l’autenticità e la provenienza, accessibili da qualsiasi smartphone dotato di tecnologia NFC o mediante applicazione dedicata.
Se la pandemia e la contraffazione sembrano dunque minare il successo all’estero delle produzioni del Belpaese nel breve periodo, nel lungo termine la situazione è più prevedibile. Con l’aumento del commercio on-line e con il progresso tecnologico a servizio delle imprese, infatti, è probabile che i prodotti Made in Italy torneranno nuovamente ad onorare il nome dell’Italia in Europa e nel mondo.
Latest posts by Giacomo Robasto (see all)
- Investimenti in rialzo nella difesa europea: preludio di una svolta storica? - Marzo 4, 2022
- La crisi russo-ucraina non risparmia l´economia europea - Febbraio 18, 2022
- Le esportazioni italiane guardano al futuro con rinnovato ottimismo - Ottobre 22, 2021