L’Unione Europea, anche in tempi difficili come questi, continua a portare avanti progetti di fondamentale importanza al di fuori dei suoi confini. L’UE è infatti “il principale donatore di aiuti umanitari al mondo”, intesi come risposta alla necessità di bisogni essenziali derivanti da calamità naturali o altresì provocate dall’uomo. Tali operazioni coprono vaste aree di intervento, tra cui quelle in education in emergencies, social protection, disaster preparedness, food assistance e water and sanitation. Dall’esordio di queste azioni coordinate – nel 1992 – fino ad oggi, sono stati forniti aiuti umanitari in più di 100 paesi.

Questo enorme sforzo dell’Unione è basato su alcuni fondamentali pilastri che vanno citati. Il c.d. European Consensus on Humanitarian Aid è uno di quelli, e rappresenta il punto di partenza che definisce gli obiettivi politici e la visione comune in questo campo. Consiglio, Commissione e Parlamento Europeo hanno infatti firmato tale dichiarazione comune, assumendosi l’impegno di promuovere l’azione umanitaria, in quanto questa viene considerata come una responsabilità collettiva a livello internazionale. Inoltre, dette operazioni di emergenza non sono solamente collegate ad un sostegno immediato, successivo alla catastrofe (che sia questa naturale o dettata da attività umana), ma si occupano, parallelamente alle operazioni avviate, di ridurre rischi e vulnerabilità, garantendo la resilienza nei confronti di eventuali crisi future e lavorando dunque sul lungo periodo.

Tuttavia, la fornitura di aiuti ai Paesi colpiti da catastrofi incontra numerose difficoltà. Il coordinamento dei donatori, infatti, può essere insufficiente e riduce così la capacità degli interventi esterni. Le cause principali di questa mancanza di coordinamento negli scenari di crisi possono essere riconducibili a una varietà di attori (come in Bosnia o Kosovo), o anche interessi nazionali divergenti dei vari donatori. Per questi motivi, si utilizza talvolta un approccio «friends of» – un strategia delle Nazioni Unite – che mira a coinvolgere il maggior numero possibile di donatori internazionali che coordinano le azioni in un determinato paese. Talvolta, questo metodo offre un sistema utile allo scambio di informazioni ed è stato adottato in vari scenari come in Sudan e in Tagikistan.
Altro tassello giuridico è dato, in primis, dai Trattati. L’articolo 21, par. 2, lett. (g) del TUE nello specifico riguarda gli interventi umanitari. Il dettato specifica che tra gli obiettivi che l’UE si prefigge di promuovere, vi sono il rispetto della dignità umana o i principi di uguaglianza e solidarietà, i quali sono condivisi dalle organizzazioni internazionali o regionali con cui lavora e grazie alle quali sono promossi livelli elevati di cooperazione. È altresì fondamentale, però, l’articolo 214 del TFUE, dove viene specificato che le azioni di carattere umanitario sono condotte conformemente ai principi del diritto internazionale, affiancati da aspetti cardine come l’umanità, l’imparzialità, la neutralità, la non discriminazione e l’indipendenza. Ogni azione viene svolta nel rispetto di tali criteri, che risultano essere un concetto chiave in ambito umanitario.
Ultimo tassello di questo framework giuridico è il paragrafo 5 del sopracitato articolo, il quale dichiara l’istituzione di un “corpo volontario europeo di aiuto umanitario per inquadrare contributi comuni dei giovani europei alle azioni di aiuto umanitario dell’Unione”, fondamentali per lo svolgimento di tali azioni. Tuttavia, a fianco di quest’ultimo corpo, troviamo poi il meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea. Tale meccanismo riguarda gli Stati membri dell’UE, che assieme ad altri 6 paesi (Turchia, Macedonia del Nord, Islanda, Serbia e Norvegia) hanno come obiettivo principale il rafforzamento della cooperazione al fine di migliorare la prevenzione e la risposta alle catastrofi. Infatti, tale collaborazione risulta essenziale nel momento in cui una situazione di crisi, o un’emergenza, supera le capacità di risposta del singolo paese in difficoltà. Quest’ultimo perciò avrà la possibilità di richiedere assistenza tramite questo meccanismo.
In aggiunta, gli scenari di crisi presi in considerazione dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento, e a cui è collegato il concetto di Linking Relief, Rehabilitation and Development concept – LRRD, possono essere di vario tipo: situazioni di emergenza o post emergenza determinate da catastrofi naturali, ad esempio dovute a carestie o alluvioni, crisi strutturali, dove la situazione politica, economica e sociale è inesistente o quantomeno deteriorata (il caso della Bielorussia) o scenari di conflitto di varia natura, caratterizzati da instabilità a lungo termine. A riprova di ciò, attualmente l’UE lavora in contesti particolarmente difficili: basti pensare al conflitto siriano o yemenita così come quello in Sud Sudan, con più di metà della popolazione che necessita di sostegno umanitario, o quello in Repubblica Democratica del Congo, dove circa 20 milioni di persone vivono in situazioni di grave carenza di cibo.
In base a quanto detto, quest’ambito operativo dell’Unione è fondamentale. I disastri o le crisi non conoscono confini e garantire una risposta adeguata, effettiva e concreta significa dare supporto ai Paesi in emergenza, permettendogli di contare, per quanto possibile, sulla presenza di servizi essenziali. Come si può ben vedere oggi, la crisi di un singolo Paese può trasformarsi in un problema comune, addirittura globale, ed è quindi necessario farsi trovare pronti ad affrontare ogni tipo di evento.
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