In un momento storico in cui il commercio al dettaglio tradizionale soffre per le restrizioni necessarie al contenimento del virus, aumentano conseguentemente le polemiche sul commercio online e sulla tendenza monopolistica di Amazon, che lo scenario pandemico ha ulteriormente ingigantito.
La Francia ha già chiesto al colosso digitale di posticipare il Black Friday almeno alla riapertura delle attività, così da ripristinare una situazione almeno potenzialmente concorrenziale tra esercenti locali e commercio online. In Italia, Confesercenti aveva esortato l’adozione di un provvedimento analogo e a livello regionale è arrivata la proposta del presidente della Regione Piemonte di istituire una “web tax covid”, innalzando l’aliquota sul fatturato degli acquisti online dal 3% al 15%.
Il rapporto tra Amazon e PMI (Piccole e Medie Imprese) è difficile da delineare. Se è vero che, come sottolineato dall’azienda stessa, i prodotti in vendita su Amazon Italia provengono per oltre il 50% da PMI italiane, una consistente fetta di esercizi commerciali ne resta comunque esclusa. Inoltre, permane il rischio di distorsione della concorrenza, conseguenza inevitabile del “mercato a due versanti”. Infatti, piattaforme come Amazon, Uber e Airbnb svolgono contemporaneamente il ruolo di fornitore di servizi per le imprese e quello di loro concorrente principale.
Il 10 novembre 2020, la Commissione Europea ha informato Amazon della redazione del parere preliminare positivo al quale sarebbe giunta a seguito della prima inchiesta per infrazione delle norme antitrust. In particolare, l’istruttoria avviata dalla Commissione concerne la possibile violazione dell’art. 102 del TFUE, che vieta alle imprese operanti in UE non solo pratiche direttamente abusive della propria posizione dominante, ma anche altri comportamenti sleali che danneggino il mercato interno dell’Unione Europea o dei suoi paesi membri. L’inchiesta della Commissione segue la scia di precedenti iniziative nazionali: nell’aprile 2019, era già stata aperta dall’Antitrust italiano un’istruttoria nei confronti di cinque società del gruppo Amazon, con l’accusa di abuso di posizione dominante.

I sospetti si erano concretizzati già nel luglio 2019, quando la Commissione UE aveva rilevato l’utilizzo da parte di Amazon di dati aggregati sensibili dei dettaglianti per ottimizzare le proprie politiche commerciali. In altre parole, Amazon avrebbe impiegato dati aziendali non pubblici dei venditori terzi, raccolti in qualità di fornitore di servizi. La manovra scorretta sarebbe stata finalizzata a migliorare le strategie di piazzamento dei propri prodotti come marchio venditore, arginando il rischio degli investimenti e marginalizzando i venditori terzi.
Una seconda indagine antitrust, avviata contestualmente al rilascio delle dichiarazioni della Commissaria Europea alla concorrenza Margrethe Vestager, riguarda i criteri di selezione per l’erogazione di servizi ai venditori, quali “Buy Box” e l’abilitazione alla vendita attraverso Prime. Questi strumenti sono centrali per la visibilità e per il numero di vendite che queste prestazioni possono garantire e potrebbero generare pratiche scorrette. In concreto, si sospetta l’utilizzo di un canale preferenziale per i propri prodotti e per i venditori che hanno scelto di aderire ai servizi di logistica e consegna forniti da Amazon stessa.
Inoltre, Amazon non si è trovato solo sotto i riflettori dello scenario europeo. Insieme alle altre Big Tech quali Apple, Google e Facebook, il gigante commerciale è stato sotto l’osservazione della sottocommissione Antitrust della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. Le imputazioni a loro carico erano abuso di mercato e pratiche scorrette a discapito della concorrenza, da acquisizioni strategiche a condizioni contrattuali e commissioni proibitive. L’Antitrust USA considera queste aziende veri e propri monopoli, a cui propone di reagire attraverso regolamentazioni e scorpori al fine di tutelare la genuina concorrenza dei mercati.

Inoltre, a marzo, l’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Amazon anche per claim ingannevoli nella promozione di dispositivi di protezione individuale dal coronavirus e per un aumento eccessivo dei prezzi di vendita dei suddetti. Inoltre, l’AGCM sta investigando anche una possibile violazione dell’art. 101 del TFUE sulla falsificazione della concorrenza. Infatti il colosso digitale potrebbe aver imposto un divieto di vendita di prodotti Apple e Beats da parte di rivenditori non aderenti al programma ufficiale Apple. Se le accuse fossero confermate, si presenterebbe nuovamente l’utilizzo illegale dei propri strumenti commerciali in veste di marketplace e retailer, ledendo la libertà del mercato al dettaglio. Queste problematiche derivano soprattutto dalla difficoltà del diritto UE in materia di stare al passo con la fluidità del mercato online, caratterizzato da dinamiche concorrenziali – e collusive – inedite.
Numerosi sono i problemi evidenziati dalle Autorità nazionali antitrust riguardo la struttura obsoleta degli strumenti di concorrenza: ad esempio la presenza di un mercato concentrato con l’egemonia di poche grandi imprese, oppure il fenomeno dei “costi di transizione” – cioè i costi, non solo monetari, che un consumatore deve sopportare nel passare da un prodotto all’altro. Inoltre, la predominanza delle economie di rete dirette, per cui l’aumento del valore di un servizio segue l’aumento del numero di utenti, e indirette, per cui l’aumento di consumatori segue l’aumento dei venditori, non agevola la piccola-media impresa.
In un contesto simile, compagnie dominanti o di proporzioni simili a quelle di Amazon possono raggiungere un consistente potere di mercato. Si crea in questo modo, una situazione pseudo-monopolistica di mercati concentrati di cui la stessa compagnia può farsi gatekeeper, ossia assumere un vero e proprio ruolo di filtro per l’accesso nel mercato.
Casi come quello della piattaforma Amazon pongono l’accento – come evidenziato anche da Vestager – sulle conseguenze della forte ingerenza del commercio online sulla libera concorrenza. L’obiettivo primario di una concorrenza non distorta impone la necessità di un aggiornamento della legislazione in materia, che permetta di far fronte in maniera appropriata ed efficace alla nuova configurazione economica dei mercati globali.