Erano 40mila, a detta di alcuni osservatori indipendenti, le persone che hanno partecipato alla più grande manifestazione mai vista in Bangladesh, per protestare contro le prese di posizione del presidente francese Emmanuel Macron, in merito al diritto di poter pubblicare vignette ritraenti Maometto. Il corteo che, secondo le autorità, contava circa 12mila cittadini, ha invaso le strade della città il 29 ottobre, giorno dell’Eid Milad-un-Nabi, la festività che celebra il compleanno del profeta.
I manifestanti sono scesi in piazza cantando numerosi cori anti-francesi e cercando di raggiungere l’ambasciata di Dacca. La protesta, iniziata presso la più grande moschea del Bangladesh nella capitale Dacca, è stata bloccata prima di arrivare all’ambasciata francese: sulla strada principale sono stati dispiegati numerosi reparti di polizia in tenuta antisommossa e installata una barricata di filo spinato. L’evento alla fine si è concluso senza scontri. Il corteo è risultato più lungo di due chilometri e la folla ha portato e distrutto effigi di Macron, caricature e una finta bara per il presidente francese. I manifestanti hanno poi intonato slogan come “nessuna diffamazione del profeta Muhammad”, bruciando la bandiera francese e alcune foto del presidente.
Anche in Pakistan, migliaia di persone sono scese in piazza per esternare il loro disappunto rispetto alle parole del presidente francese. Nella città orientale di Lahore, circa 10.000 seguaci del partito radicale islamico Tehreek-e-Labbaik hanno manifestato, cantando slogan e portando striscioni. “C’è solo una punizione per la blasfemia”, ha gridato Khadim Hussain Rizvi, un religioso alla guida della marcia. “Decapitazione! Decapitazione!” è stata la risposta dei manifestanti.
Il malcontento popolare deriva da alcune dichiarazioni del presidente Macron: in un’intervista rilasciata poco tempo fa, aveva sostenuto che l’Islam fosse “in crisi”, dopo aver fermamente difeso il giornale satirico Charlie Hebdo, autore di una serie di caricature del profeta Maometto. “Samuel Paty incarnava la Repubblica. Non rinunceremo alle caricature e ai disegni. Continueremo la battaglia per la libertà” è stata la presa di posizione giunta dall’esagono, a seguito della decapitazione del professore, avvenuta per mano di un fondamentalista islamico dopo aver mostrato delle caricature in classe.

Queste affermazioni hanno creato malumore generalizzato in tutti i paesi musulmani, sfociando nella richiesta di sabotaggio all’importazione di prodotti francesi e in decise prese di posizione da parte di alcuni leader. La Turchia, tramite il suo presidente Erdogan, ha avuto modo di farsi sentire in un’intervista dai toni molto forti: “ma che problema ha quel tizio chiamato Macron con l’Islam e con i musulmani? Macron ha bisogno di cure mentali”. Ha poi aggiunto: “che altro si può dire di un capo di stato che non comprende la libertà di fede e che si comporta in questo modo nonostante milioni di persone che vivono nel suo paese abbiano un credo diverso dal suo?”.
Dopo l’intervento del presidente turco, il Ministero degli Affari Esteri francese ha richiamato il suo ambasciatore in Turchia, affermando che “gli appelli al boicottaggio sono inutili e devono cessare immediatamente, così come tutti gli attacchi diretti contro il nostro paese, strumentalizzati da una minoranza radicale”. Inoltre, un funzionario del presidente francese ha detto all’agenzia di stampa AFP che “i commenti del presidente Erdogan sono inaccettabili. Chiediamo che cambi direzione perché è pericolosa sotto ogni punto di vista”. Da molto tempo i rapporti tra Turchia e Francia sono tutt’altro che stabili per diverse ragioni. Tra queste non può che incidere molto la guerra in Libia, la questione di Cipro, l’intervento in Siria, oltre che il secolarismo della società francese, totalmente divergente dalla trasformazione della Turchia in uno stato sempre più teocratico durante la presidenza di Erdogan.

Anche il primo ministro pakistano Imran Khan ha sollevato la questione, condividendo in un tweet alcune sue affermazioni contro gli annunci provenuti dalla Francia. Khan ha sottolineato come, in un momento in cui si dovrebbe togliere spazio all’estremismo, interventi come quello del presidente Macron producono invece altra polarizzazione e marginalizzazione, che “inevitabilmente porta alla radicalizzazione”. La sua conclusione ha messo in luce quanto l’attacco fosse contro tutto il mondo musulmano, non contro i terroristi e, per questo, rivolto anche contro i cittadini del suo paese. L’errore della Francia, sempre secondo il leader pakistano, è stato quello di diffondere le vignette e urtare la sensibilità di milioni di persone, in Europa e nel mondo.
La difesa della laicità e la lotta all’Islam radicale sono sempre stati tra i temi che più hanno riempito l’agenda del presidente francese. Poco tempo fa, Macron e il suo Governo hanno annunciato un nuovo disegno di legge al fine di implementare alcune misure contro i ‘separatismi’, termine molto usato dall’inquilino dell’Eliseo e volto a indicare il fatto che molti membri della comunità musulmana vivrebbero, a suo dire, in una “società parallela”, porosa al fondamentalismo islamico e contraria ai valori della Repubblica francese.
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