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SPECIALE ELEZIONI USA 2020 – Biden vs Trump: programmi e campagne elettorali dei due sfidanti per la Casa Bianca

mmDesire SorrentinobyGabriele FondaandDesire Sorrentino
Ottobre 26, 2020
in Speciale
Reading Time: 22 mins read
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SPECIALE ELEZIONI USA 2020 – Biden vs Trump: programmi e campagne elettorali dei due sfidanti per la Casa Bianca

“I voted” stickers in English and Spanish, Virginia, USA, November 2014. (Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE) photo.)

Le elezioni presidenziali statunitensi sono ormai un appuntamento fisso, nel bene e nel male, per l’opinione pubblica occidentale. La corsa per occupare uno dei ruoli più importanti sulla scena internazionale attira l’attenzione del pubblico internazionale, dal momento che il risultato dell’elezione può avere delle conseguenze importanti non solo sulle dinamiche politiche del resto del mondo, ma anche perché gli Stati Uniti rappresentano, almeno in Occidente, un vettore di novità e una chiave di lettura e di comprensione dei fenomeni socio-politici contemporanei. Per questo, MSOIthePost ha deciso di avvicinarsi alle prossime elezioni del 3 novembre con un nuovo progetto editoriale. Esso comprenderà la realizzazione di tre speciali e di un podcast sugli aspetti più importanti di questa tornata elettorale. Per poter essere uno strumento di approfondimento utile alla comunità studentesca. 

In questi ultimi giorni di campagna elettorale, le notizie in arrivo da oltreoceano sulle elezioni presidenziali degli Stati Uniti contribuiscono a dare la percezione di una competizione politica che, non più limitata a due schieramenti politici, si estende ora anche ad una dimensione fortemente legata ai due candidati e alle loro affermazioni ed idee. Ecco dunque una visione d’insieme sulle campagne elettorali e sui rispettivi approcci alla campagna elettorale dei due uomini che si contendono la Casa Bianca e, con essa, l’opportunità di cambiare gli Stati Uniti, ognuno secondo il proprio punto di vista, nei prossimi quattro anni. 

JOE BIDEN

Il programma

Joe Biden, 77 anni, democratico, è quello che possiamo definire un politico statunitense di lungo corso. La sua carriera politica si apre con l’incarico di senatore del Delaware nel 1973, e prosegue con incarichi come la presidenza della Commissione Esteri al Senato, del Comitato di controllo sul narcotraffico internazionale del Congresso, fino quella della Commissione sulla giurisdizione del Senato e alla Vicepresidenza degli Stati Uniti d’America, durante il doppio mandato del presidente Obama. Proprio lo stretto rapporto con Obama ed il suo appoggio sono uno dei punti di forza della sua candidatura. In particolare, sarebbe particolarmente importante nei confronti degli Obama-Trump voters, gli elettori che sono passati dal sostegno a Obama al voto repubblicano – o all’astensione – nelle elezioni del 2016, un segmento di popolazione che secondo alcuni studi potrebbe aver raggiunto anche il 15% degli elettori di Trump.

Il programma elettorale di Biden rappresenta pienamente la sua corrente di appartenenza all’interno del Partito Democratico, quella più moderata, e richiama in più punti quello che era stato il programma di Obama, in particolare su sanità, ambiente, tassazione, controllo delle armi, in contrasto con progetti e visioni del presidente uscente.

Le politiche sanitarie sono uno dei punti cruciali per i cittadini statunitensi a maggior ragione nel periodo storico in corso. La critica di Obamacare da parte di Trump ed il suo tentativo di smantellamento, spinto fino alla richiesta alla Corte Suprema di invalidare l’Affordable Care Act, si contrappongono al progetto di Biden. La proposta del candidato democratico parte dall’estensione di Medicaid, introdotta da Obama, con l’implementazione di un’assicurazione pubblica aperta a tutti, comunque un progetto meno ambizioso e più moderato rispetto a quello di un “Medicare for all” dell’ala più radicale del partito. Gli elementi principali del piano sanitario di Biden, oltre all’assicurazione pubblica citata, consistono inoltre nell’incentivare la selezione di questa tramite dei sussidi e nel prevedere la possibilità di iscrizione gratuita per i cittadini di stati non coinvolti nell’espansione di Medicaid, mentre non è previsto un sistema nazionale di assicurazione sanitaria.

Per contrastare l’emergenza Covid-19, Biden punta sulla pianificazione, partendo da un potenziamento dei sistemi di test-and-tracing e della produzione e distribuzione dei sistemi di protezione individuale, oltre a un controllo per garantirne l’utilizzo e alla definizione di linee-guida nazionali basate su evidenze scientifiche. Dal punto di vista economico, Biden prevede pacchetti di misure economiche a sostegno di stati e Governi locali, scuole e piccole imprese, fino ad investimenti per la realizzazione e la distribuzione di un vaccino economicamente sostenibile. Sottolineando l’inefficienza dell’amministrazione Trump in merito, inoltre, propone una maggior tutela per le categorie sociali più a rischio mediante la creazione di apposite Task Force, il ritorno ad un dialogo costruttivo con l’OMS e la ricostituzione di istituzioni e programmi eliminati da Trump, come il White House National Security Council Directorate for Global Health Security and Biodefense, istituito dall’amministrazione Obama.

Anche per quanto riguarda l’ambiente Biden tende a prendere una posizione calibrata, elaborando un piano che ricorda il Green New Deal per alcuni elementi, ma che non vi aderisce perfettamente, per la differente natura delle due proposte. Biden sottolinea anche la connessione tra tutela dell’ambiente e dell’economia, unitamente all’importanza di un approccio più consapevole riguardo alle fonti energetiche, con un richiamo anche al concetto della responsabilità intergenerazionale. Concretamente, le intenzioni di Biden comprendono il riportare gli Stati Uniti negli accordi di Parigi e l’obiettivo net-zero emissions entro il 2050, con investimenti sulle fonti di energia pulita, ricerca ed innovazione nel campo. Tra le dichiarazioni del candidato dem anche azioni contro compagnie inquinanti e l’impegno per rendere potabile l’acqua in zone come quelle della contea di Flint, Michigan, oggetto di contaminazione da piombo dal 2014. Una questione, quest’ultima, sottovalutata non solo dal presidente uscente ma anche da Barack Obama, come raccontato nel documentario del 2018 di Michael Moore Fahrenheit 11/9. 

A livello economico e finanziario Biden fonda il proprio programma sulla tutela della classe media e del Made in USA, che prevede di incentivare con uno sconto fiscale del 10% per le aziende che decideranno di investire e produrre negli Stati Uniti. Ad esso sarebbe affiancato un controllo di provenienza della merce. Le aziende che delocalizzano all’estero la propria produzione sarebbero invece colpite da un aumento sempre del 10% della propria tassazione. Tra le misure in programma, anche una riforma fiscale volta alla riparazione del buco di bilancio causato dalla modifica alle corporate tax introdotte dall’amministrazione uscente, che aveva operato un taglio dell’aliquota di tassazione d’impresa dal 35% al 21%. Biden ha invece intenzione di riportare quest’aliquota al 28%, introducendo inoltre un aumento delle imposte sulla plusvalenza a lungo termine dal 20 al 39,6% per le aziende che vantano una plusvalenza superiore al milione di dollari. 

Limitatamente al controllo delle armi, la proposta di Biden comprende un programma di riacquisto statale di armi d’assalto e caricatori ad alta capacità, di carattere comunque non obbligatorio, lasciando l’alternativa di conservare il possesso dell’arma previa registrazione ai sensi del National Firearms Act. Su questo tema Trump aveva manifestato, dopo la strage di Portland, la necessità di un maggior controllo sulle armi, nonostante l’opposizione della NRA, salvo poi opporsi di fatto all’approvazione del Bipartisan Background Checks Act e dell’Enhanced Background Checks Act.

La campagna elettorale

Sul fronte della campagna elettorale, nell’anno della pandemia e delle elezioni più costose della storia, Biden può contare su un margine economico più ampio rispetto a quello repubblicano, anche grazie ad un efficace sistema di fundraising.

La campagna di Biden conta anche un ampio target elettorale, grazie ad una retorica moderata ma che cerca di avvicinare anche un elettorato più progressista. É il caso del tema ambientale: sul sito della sua campagna, Biden sottolinea i punti di forza del Green New Deal, nonostante nei dibattiti abbia esplicitamente affermato di non supportarlo interamente. 

Un ruolo di primo piano comunque è stato giocato dalla pandemia in corso: da una parte, ha imposto un cambio di strategia per quanto riguarda i mezzi, con un utilizzo più marcato di messaggi televisivi e piattaforme social; dall’altra, ha fornito un assist a Biden che, sfruttando la reazione incoerente di Trump di fronte all’emergenza sanitaria, ha invece mostrato di avere un piano. Periodicamente sul sito della campagna è aggiornata una “covid timeline”, con le dichiarazioni e le proposte sul tema del candidato democratico, e ciò ha contribuito a mostrare un’idea di consapevolezza, visione e progettualità sistemica che rappresentano il fil rouge della sua campagna.

Essa ha puntato principalmente sul porre il candidato come soluzione per riportare gli Stati Uniti alla normalità dopo l’anomalia del mandato Trump: ciò è evidente negli slogan in primo piano su joebiden.com, come “Build America Back Better”, sulla falsa riga del “Make America Great Again” di Trump, oppure, ancora più esplicitamente, “Vote Trump Out Of Office”. 

Come Bernie Sanders nel 2016, in ogni caso, anche Joe Biden si è trovato a dover fare i conti con la propria età, nonostante i pochi anni di differenza con Donald Trump. Per questo ha scelto di porre l’accento sulla dinamicità e sull’energia in alcuni spot della sua campagna.

Anche la stessa idea di ‘America’ di Biden presenta consistenti divergenze rispetto a quella di Trump: da una parte l’eccezionalismo del presidente uscente, dall’altra la concezione di Biden degli Stati Uniti come di “un’idea che non è mai stata all’altezza di realizzare i propri stessi ideali”; da una parte l’America fondata dalla grande imprenditoria del self-made men e l’ostentazione dello status, dall’altra quella costruita dalla middle class e dall’immigrazione.

In conclusione, la campagna di Biden ha sottolineato la fiducia nella scienza, ha creato un legame tra la storia personale del candidato e quella degli Stati Uniti durante la pandemia, ha richiamato l’idea di un’America costruita dalla classe media, creando un’immagine molto più tradizionale di quella veicolata dalle campagne Trump.

Biden suggerisce in fondo una continuità con l’amministrazione Obama e dunque una risposta per gli elettori che nel 2016 non hanno ritenuto soddisfacenti le alternative a disposizione. Cerca, in sostanza, di comunicare quanto è mancato con Trump. 

DONALD TRUMP

Il programma elettorale

Il programma elettorale per le presidenziali 2020 del presidente uscente riprende molte sue storiche posizioni, riflettendo in tal modo il tentativo di far nuovamente presa sull’elettorato che lo aveva eletto nel 2016 grazie al credito politico dei risultati già ottenuti. Da temi di grande portata come una politica fiscale improntata al ‘meno tasse, meno spese’ e una linea economica liberista, ma con sfumature protezionistiche che oltrepassano i dazi alla Cina per toccare delocalizzazione del lavoro e materiale sanitario, emerge una linea chiaramente conservatrice. Tra i punti principali del suo programma, Trump punta a eliminare definitivamente la riforma sanitaria introdotta da Barack Obama, ribadisce il rifiuto di assumere iniziative contro l’emergenza climatica e riafferma la generale contrarietà all’aborto e al controllo sulla vendita di armi. A questi vecchi temi, si aggiungono prese di posizione su questioni recenti, quali la giustizia sociale e l’ordine pubblico e la candidatura di Amy Coney Barrett a giudice della Corte Suprema, nuova espressione della linea di pensiero di Trump. Inoltre, il presidente presenta come positiva la gestione della pandemia da Covid–19, specchio della sicurezza con cui il presidente si presenta alla platea elettorale. La ripresa dei temi della prima campagna elettorale si traduce infine nella promessa di continuare il graduale disimpegno statunitense dal mondo, a partire dal Medio Oriente, e il contrasto all’immigrazione. Trump promette di mantenere inoltre posizioni nette in politica estera contro la Cina, accusata di aver causato la pandemia da Covid-19 e di concorrenza sleale alle aziende statunitensi, contro il nucleare iraniano e in opposizione a Cuba.

La campagna elettorale

È tuttavia soprattutto nello svolgimento della campagna elettorale che Trump gioca la partita della riconquista del proprio elettorato, fra dibattiti televisivi, messaggi sui social e viaggi negli stati in bilico – gran parte dei quali avevano votato repubblicano nel 2016. In questo modo, il tycoon punta a rafforzare il consenso verso le proprie idee, ma anche a promuovere l’immagine di miglior candidato, e miglior presidente, possibile. E nonostante una posizione di generale svantaggio attribuitagli nei sondaggi e nei pronostici, il presidente in carica è rafforzato dalle numerose dimostrazioni di sostegno in tutto il paese, come anche dai dati sui nuovi elettori che si sono registrati negli ultimi mesi proprio negli stati cruciali per il voto, la maggior parte dei quali come repubblicani.

Primo punto su tutti: la pandemia da Covid–19, che con i suoi effetti sulla vita quotidiana di ogni cittadino si è tramutata in un tema di confronto politico centrale. Trump ha in più d’una occasione difeso il suo operato contro quello che egli stesso ha ribattezzato “epidemia cinese”, argomentando di aver salvato libertà, economia e vite, e puntando al contempo sull’imminenza della disponibilità del vaccino, di cui ha assicurato la prossima distribuzione nel dibattito del 23 ottobre. Tuttavia, la sua linea appare volta soprattutto a minimizzare la gravità dell’emergenza sanitaria: nel corso del dibattito del 29 settembre, Trump ha attribuito gli alti numeri statunitensi ad un numero eccessivo di test. Ha poi cercato di trasferire le responsabilità della pandemia a paesi come Cina e India, cui andrebbero attribuiti numeri più alti di quelli ufficiali e di molto superiori a quelli statunitensi, fino ai propri consiglieri, incluso Anthony Fauci, che sarebbero la causa della sua linea contraddittoria. Inoltre, il presidente ha attaccato anche Biden, sostenendo che la sua gestione sarebbe stata molto peggiore. Questi tentativi non cancellano tuttavia l’approccio negativo a mascherine, lockdown, distanziamento e al virus stesso, e la responsabilità dell’attuale amministrazione nell’elevato numero di contagi e decessi nel paese. A coronare il tutto, la rapida guarigione dello stesso Trump dal nuovo coronavirus, con farmaci non disponibili sul mercato e un intero staff di medici a disposizione. Condizioni che sono mancate al malato e all’elettore medio.

Un ulteriore aspetto che tocca la percezione di Trump fra gli elettori è quello del fisco. Il New York Times ha infatti pubblicato una serie di inchieste tra settembre ed ottobre che hanno rivelato prima l’elusione del pagamento di 400 milioni di dollari al fisco fra il 2000 e il 2017, e poi l’esistenza di conti correnti in Gran Bretagna, Irlanda e Cina, con relativo pagamento di tasse. Il presidente, accusato di aver evaso il fisco già nel 2016, nel dibattito del 29 settembre ha cercato di accattivarsi le simpatie dei contribuenti, sostenendo di non voler pagare le tasse e lodando i propri commercialisti. Ha affermato di aver pagato “milioni” di dollari in imposte, arrivando ad accusare il fisco di slealtà nei suoi confronti nel dibattito del 23 ottobre. Ma il rischio che la simpatia anti-fiscale venga meno si riflette quotidianamente nei sondaggi, che lo danno per sfavorito.

Di altra caratura è invece il dibattito con Biden e i democratici sulla nomina di un nuovo membro della Corte Suprema che sostituisca la giudice Ruth Bader Ginsburg, morta il 18 settembre. Nonostante i democratici abbiano sostenuto la necessità di rimandare la nomina a dopo l’insediamento, così come chiesto dalla stessa Ginsburg, Trump ha esercitato le sue prerogative di presidente in carica nominando come nuovo giudice Amy Coney Barrett, dal profilo accentuatamente conservatore. La decisione mostra un chiaro intento di avere una corte a maggioranza conservatrice – 6 giudici contro 3 – che dia giudizi quanto più possibile favorevoli ai repubblicani, sia per i prossimi decenni su temi come aborto e controllo delle armi, sia nel dirimere possibili controversie sui risultati delle elezioni. 

Proprio la questione del riconoscimento del risultato delle elezioni è un elemento che si pone al centro dell’approccio, estremamente aggressivo e per molti versi del tutto nuovo, con cui Trump ha agitato le acque preelettorali: in un primo momento, infatti, il presidente ha dichiarato di non garantire, a causa del rischio di brogli elettorali a suo parere insiti nel voto per posta, l’accettazione di una sconfitta alla urne e una transizione pacifica del potere. E per aumentare le polemiche, lo stesso Trump ha invitato a compiere una pratica illegale votando due volte, al seggio e per posta, al fine di “testare il sistema elettorale”. Tuttavia, più recentemente, il tycoon è tornato sui suoi passi, aprendo ad una transizione pacifica del potere dopo le elezioni.

Altro tema caldo di questi giorni è l’economia. Il mese di ottobre ha visto un duro scontro per il varo di un nuovo pacchetto di aiuti all’economia fra il presidente e l’opposizione democratica, che richiedeva un pacchetto di 2200 miliardi di dollari per sostenere i costi causati dal Covid-19 contro i 1600 proposti da Trump. Il presidente ha prima interrotto le trattative per poi alzare l’offerta a 1800 miliardi. Una linea aggressiva, che ha però causato ripercussioni negative a Wall Street e la reazione al vetriolo della speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi. Trump ha nondimeno rivendicato importanti risultati per l’economia statunitense, che sta ora a suo parere guidando la ripresa economica mondiale, e preannunciato che “il meglio deve ancora avvenire”.

Per ultimo, il punto sul quale ogni confronto politico si gioca e si appiattisce: gli attacchi all’avversario. Il presidente ha sferrato numerosi attacchi contro l’ex vice di Barack Obama: dalla sua nefasta influenza sull’economia e sul Covid-19 – per Trump, Biden porterebbe a “chiudere l’America” – alla sua eccessiva morbidezza con la Cina, sotto il cui controllo, a suo dire, gli Stati Uniti si verrebbero a trovare in caso di vittoria della coppia Biden – Harris; dall’eccessivo sbilanciamento a sinistra, all’incapacità di garantire la sicurezza, alle insinuazioni sull’inadeguatezza fisica e mentale dell’avversario. Ma è soprattutto su una carta che Trump concentra i suoi sforzi: quella dello scandalo agitato dal New York Post attorno al figlio di Biden, Hunter, di cui il quotidiano ha pubblicato alcune e-mail che rivelerebbero illeciti durante il suo periodo di lavoro per la società energetica ucraina Burisma. Su tali basi, il presidente uscente ha accusato Biden di corruzione e di costituire con la sua famiglia “un’impresa criminale”, arrivando a chiedere indagini sul suo conto da parte dell’FBI. Attacchi che gli sono costati la sospensione dell’account Twitter della sua campagna elettorale, scrivendo un nuovo capitolo del difficile rapporto tra i mezzi d’informazione e Trump. Nel corso dell’attuale campagna, il presidente ha già definito i media “corrotti” e ha accusato Twitter e Facebook di aver censurato alcuni post del NYP riguardanti proprio i presunti illeciti di Hunter Biden. Ad essere oggetto di censura, sarebbero stati anche l’account della portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany,che aveva ripreso gli articoli in questione, e alcuni messaggi dello stesso presidente su temi come il voto per posta e il Coronavirus.


Nello scontro fra i due candidati, con Biden che definisce queste elezioni una sfida per l’anima della nazione e Trump che illustra il bivio fra una ripresa sotto un suo secondo mandato e una profonda depressione in caso di vittoria democratica, sembra di intravedere tutti gli elementi necessari affinché le presidenziali del novembre 2020 finiscano col rappresentare una scelta ancor più netta del normale e persino un punto di svolta della politica e forse della storia degli Stati Uniti.

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