Il Consiglio Europeo straordinario del 17-18 luglio si è concluso con l’approvazione del recovery package nella prima mattinata di martedì 21 luglio. Questo pacchetto di aiuti finanziari, comunemente chiamato Recovery Fund, è uno strumento ideato dalla Commissione Europea al fine di imprimere una risposta fiscale alle finanze pubbliche degli stati membri, danneggiati dai mesi di pandemia e conseguenti al lockdown. Questo strumento, che è stato rinominato Next Generation EU, ha nel complesso un valore di 750 miliardi di euro, di cui 360 da distribuire in prestiti e il restante (circa 390 miliardi) come finanziamenti a fondo perduto. Su quest’ultimo punto è bene ricordare che tutti gli stati Membri contribuiscono al bilancio dell’Unione Europea, ovvero annualmente versano dei fondi che confluiscono nel bilancio comunitario, pertanto un finanziamento a fondo perduto è in una certa misura bilanciato dalla contribuzione dei singoli stati.
Il recovery package può essere definito come un’opera di ingegneria costituzionale dell’Unione Europea, dal momento che era tutt’altro che semplice costruire un tale strumento rispettando il principio di attribuzione, secondo il quale ogni atto delle istituzioni dell’Unione Europea deve basarsi su un articolo dei Trattati. Inoltre, secondo Costamagna e Goldmann, si potrebbe trattare di una svolta verso un’Unione Europea più democratica e solidale.
Il Next Generation EU è costituito da molteplici atti giuridici. Il centro di questa architettura è l’European Union Recovery Instrument (ERI), che trova fondamento nell’articolo 122(2) TFUE, che sancisce la competenza del Consiglio dell’Unione Europea ad adottare misure emergenziali. Questo articolo è anche alla base del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e del Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE), un ulteriore strumento creato dall’Unione Europea per far fronte alla disoccupazione conseguente l’epidemia da coronavirus.
Tuttavia, a differenza degli altri strumenti basati sull’articolo 122 TFUE, l’ERI non conferisce alla Commissione la competenza di prendere fondi in prestito sui mercati finanziari e non stabilisce come i fondi raccolti dovranno essere distribuiti. Infatti, esso è la copertura costituzionale dell’intero pacchetto di misure e verrà finanziato attraverso le finanze proprie dell’Unione (Own Resources Decision), come i guadagni derivanti dalle tariffe doganali, dalle multe e dai contributi versati dagli stati membri. Questo metodo di finanziamento avrebbe due aspetti positivi: da un lato, non verrebbe richiesto agli stati membri di fornire garanzie e, dall’altro, permetterebbe il coinvolgimento del Parlamento europeo.
Parallelamente, il recovery package predispone uno strumento per la raccolta e la distribuzione della maggior parte dei fondi (circa 672,5 miliardi sui 750 complessivi), chiamato Recovery and Resilience Facility (RRF). Questi fondi verranno reperiti sul mercato dei capitali in ottemperanza alla proposta della Commissione europea. Questa misura si basa sull’articolo 175 TFEU e si colloca all’interno del Semestre Europeo, ovvero quel periodo nel quale le istituzioni europee e gli stati membri coordinano le proprie politiche economiche e di bilancio. In pratica, uno stato che volesse ottenere i fondi resi disponibili dall’ERI dovrà seguire le procedure e le tempistiche dettate dal Semestre Europeo, nonché dimostrare come intende raggiungere gli obiettivi stabiliti dal RRF. Il piano presentato dallo stato sarà vagliato dalla Commissione europea, che avrà anche il potere di rigettare un piano di spesa presentato qualora lo ritenesse insoddisfacente. Quindi, i fondi assegnati tramite il RRF saranno fondi condizionati al raggiungimento di specifici obiettivi approvati dalla Commissione. Al momento, non sono stati pubblicati i documenti ufficiali e, pertanto, non sono state rese note le condizioni da rispettare per avere accesso ai sussidi previsti dal recovery fund. Tuttavia, gli obiettivi contenuti nella proposta del RRF sono sostanzialmente diversi dalle note e rigorose regole di bilancio. Infatti, ad esempio, vengono valorizzati la transizione green e l’implementazione di politiche a sostegno all’occupazione.

Il Parlamento europeo riteneva necessario inserire dei vincoli al rispetto della rule of law, senza la quale aveva minacciato di non votare il bilancio dell’Unione e quindi di bloccare lo stanziamento dei fondi come previsto dalla Own Resources Decision. Al contrario, il premier ungherese Orban aveva dichiarato di essere pronto a mettere il veto sul progetto di recovery fund qualora venisse inserita una simile condizione. Altri stati avevano sollevato perplessità circa i criteri di redistribuzione dei fondi, volendo assegnare maggiore peso al PIL a scapito delle valutazioni legate ai tassi di disoccupazione. Altri ancora rifiutavano condizioni legate al rispetto degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050. Sotto questo aspetto, l’esito del Consiglio Europeo non è stato confortante. L’Ungheria, con il sostegno di Polonia e Slovacchia e Repubblica Ceca, è riuscita a eliminare le condizioni legate al rispetto dello stato di diritto.
Nonostante ciò, la partita non è ancora conclusa perchè l’intero pacchetto dovrà essere approvato dal Parlamento europeo, in quanto coinvolge il bilancio comunitario, una delle principali aree di competenza della plenaria, che ha largamente evidenziato l’importanza del rispetto dei principi democratici sanciti dalla rule of law.
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