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La crisi del multilateralismo significa crisi delle Nazioni Unite?

mmbyLucia Travaglio
Giugno 29, 2020
in Diritto Internazionale ed Europeo, Uncategorized
Reading Time: 7min read
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La crisi del multilateralismo significa crisi delle Nazioni Unite?

“Rigettiamo l’idea del globalismo e abbracciamo la dottrina del patriottismo” ha affermato il presidente statunitense Donald Trump nel suo primo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2018, dimostrando che il multilateralismo e l’idea di globalizzazione sono sempre più rigettati in nome del patriottismo e della sovranità statale.

Il sistema multilaterale, la cui origine risale alla fine della Seconda Guerra Mondiale, era stato pensato come una rete di cooperazione tra stati che avrebbe dovuto istituzionalizzare la collaborazione intergovernativa, opponendosi ad altre forme istituzionali come l’unilateralismo o il bilateralismo. Per far sì che un sistema multilaterale funzioni, è necessario che vi sia una stabile fiducia reciproca tra le parti e una forte volontà di collaborare per raggiungere un obiettivo comune. Nel 1986 lo studioso Robert Keohane, parlando di multilateralismo, fece riferimento alla nozione di “reciprocità diffusa” e alla fondamentale importanza dell’assunzione di obblighi reciproci da parte degli stati, basandosi sull’idea che, nel lungo periodo, tutti avrebbero potuto trarre benefici dal sistema multilaterale. 

Una delle principali espressioni del multilateralismo è l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ideata e fondata con lo scopo di costituire una piattaforma comune per gli stati nel fronteggiare problemi globali. A seguito del fallimento della Società delle Nazioni e dopo la Seconda Guerra Mondiale, ispirato dall’idea di un mondo fondato su “quattro libertà fondamentali” (la libertà di parola e di espressione, la libertà di culto e religione, la libertà dal bisogno e dalla paura), Roosevelt immaginò una singola organizzazione che avrebbe riunito tutti gli stati del mondo, in modo da poter mantenere la sicurezza e la pace internazionale, sviluppare la cooperazione internazionale in campo economico, sociale e culturale, e promuovere il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. 

Fu così che, il 26 giugno 1945, i cinquanta stati presenti alla Conferenza di San Francisco firmarono lo Statuto delle Nazioni Unite, segnando un’importante svolta nella storia del multilateralismo e impegnandosi, come espresso all’art.1 della Carta, a mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni, conseguire la cooperazione internazionale e promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Da quel momento in poi, sempre più stati entrarono a far parte di questa istituzione e progressivamente l’ONU assunse sempre maggiore attivismo e intrusività, sia nel campo istituzionale che in quello della sicurezza, con il rapido diffondersi delle operazioni di pace autorizzate dal Consiglio di Sicurezza e con un sempre maggior interesse nei confronti dei diritti umani.

Il sistema multilaterale ha dimostrato di non essere esente da critiche e di risentire molto gli effetti delle crisi globali, che sono riuscite a minarne la missione e la visione. La Guerra Fredda, che aveva diviso il mondo in due poli opposti, fu causa di problemi per il funzionamento delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza venne letteralmente paralizzato dai veti incrociati dell’URSS e degli Stati Uniti su una serie di eventi che avrebbero potuto mettere a rischio la sicurezza delle due potenze: i rapporti arabo-israeliani, la guerra in Vietnam, le invasioni dell’Ungheria e della Cecoslovacchia.

Secondo il professor Mario Del Pero fu negli anni ‘70, con la svolta conservatrice degli Stati Uniti e l’elezione di Ronald Reagan, che il multilateralismo e il funzionamento delle Nazioni Unite vennero ancora una volta messi in discussione e minacciati. Nei confronti dell’Organizzazione venne assunto un atteggiamento fortemente critico, che culminò con l’uscita degli Stati Uniti dall’UNESCO. Gesto fortemente simbolico, capace di dimostrare la contrarietà degli Stati Uniti ad una comunità internazionale basata su sistemi e istituzioni multilaterali. Contrarietà che continua ancora oggi e che si è espressa con la decisione del presidente Trump di tagliare del 50% i finanziamenti destinati alle Nazioni Unite e di uscire dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Ad alimentare il declino del sistema multilaterale e il dibattito critico alle sue istituzioni hanno contribuito anche gli sviluppi degli ultimi venti anni, come le crescenti minacce alla sicurezza globale e la crisi finanziaria globale scoppiata nel 2008. Questi elementi si sono rivelati fonte di grandi tensioni per molti dei principi e dei cardini alla base del multilateralismo. Molti avvenimenti di questi ultimi anni dimostrano un maggior ripiegamento del multilateralismo: la scelta del Regno Unito di recedere dall’Unione Europea, la crisi migratoria nel Mediterraneo, la sanguinosa guerra in Siria, per la quale la comunità internazionale non è riuscita a trovare un accordo unanime a causa della riluttanza degli stati a mettere da parte i propri interessi, e anche l’attuale crisi mondiale causata dal Covid-19. Così, in un clima di incertezza, imprevedibilità e preoccupazione, la crescente chiusura degli stati e l’affermazione di sentimenti nazionalistici hanno contribuito ad un maggior senso di sfiducia nei confronti di una pratica che vede la cooperazione tra stati come unica risposta alle sfide poste dai grandi problemi globali.

In un contesto internazionale in costante trasformazione, che si trova a dover affrontare sfide globali di difficile risoluzione, come il cambiamento climatico, il terrorismo internazionale o la diffusione di pandemie, né le Nazioni Unite né le tradizionali classi politiche riescono a dare delle risposte efficaci. Tutto ciò, secondo quanto sostenuto dalla diplomatica María Fernanda Espinosa Garcés, ha lasciato ampio spazio alle critiche e ha dato la possibilità di attribuire insuccessi e problemi alle istituzioni multilaterali, aiutando a diffondere la sfiducia e le critiche nei confronti di organizzazioni come le Nazioni Unite e della loro efficacia. Ci si chiede se l’ONU, il grande esperimento mondiale in campo multilaterale, possa funzionare in un clima in cui gli stati sentono minacciata la loro sovranità nazionale. Sistemi come quello delle Nazioni Unite possono funzionare solo fin quando vi è la volontà degli stati a farli andare avanti. L’ONU non è un organismo perfettamente super partes, ma un’organizzazione intergovernativa, uno strumento nelle mani degli stati, che risente delle tensioni globali. Il suo successo o i suoi fallimenti dipendono non dall’Organizzazione in sé, ma dai comportamenti degli stati che la compongono e dalla loro piena, o assente, fiducia nella cooperazione fra stati. 

Molto spesso le critiche rivolte alle Nazioni Unite derivano dall’analisi del funzionamento del suo organo principale, il Consiglio di Sicurezza. Quest’ultimo gestisce i conflitti più rilevanti e può imporre sanzioni e adottare risoluzioni vincolanti per gli stati – a differenza di quelle dell’Assemblea Generale – ma viene guardato con sospetto per la sua inflessibile composizione e per il potere di veto che i cinque membri permanenti detengono. Spesso, come riportato da Gabriella Ronza per la testata online Pupia.tv, il ricorso al potere di veto ha causato un allontanamento dagli obiettivi di pace e di sicurezza che l’ONU persegue. Per questo, molti aspirano ad una sua riforma. 

Non vi è dubbio sull’importanza mondiale di questa organizzazione e il modo in cui ha contribuito allo sviluppo del diritto internazionale e all’affermazione dei diritti umani,  ma non si può non riflettere sulla sua capacità di svolgere la propria missione più importante: il mantenimento della pace e della sicurezza. L’esito, in questo caso, non è molto soddisfacente e riflette la necessità, per il Consiglio di Sicurezza, di una nuova, dinamica e flessibile composizione, capace di adattarsi ad un mondo in continuo cambiamento. La credibilità del Consiglio sta nella sua rappresentazione e, così com’è organizzato, dimostra soltanto di essere un riflesso del mondo al momento della fondazione dell’Organizzazione, non adeguato al mondo attuale.

La mancanza di fiducia nelle istituzioni come le Nazioni Unite e il declino del multilateralismo mettono in luce la frammentazione della comunità internazionale e la crescente volontà da parte degli stati di riaffermare la sovranità nazionale, ponendo al primo posto i propri interessi particolaristici. Questo porta anche a un ritorno di varie forme di nazionalismo. Il multilateralismo, però, è l’unico strumento che può puntare a fornire una risposta concreta e adeguata alle sfide globali, come dimostrato da più di un dibattito internazionale. Gli stati democratici otterrebbero migliori risultati se agissero uniti per la difesa della democrazia, dei diritti, delle libertà fondamentali e di tutti i valori che avevano ispirato la creazione delle Nazioni Unite.

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Tags: DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO
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